Archivia 29 Giugno 2020

Giovanni Bartesaghi … un tricolore che arriva da lontano

Lecchese, classe ’64, vanta 31 anni di attività ciclistica, culminata nel 2019 con una grande stagione e la maglia di Campione Italiano Master 6. Superata la soglia dei 55 anni è ancora in grado di mettere alla frusta ragazzi ben più giovani e nemmeno con il titolo tricolore è arrivato alla fine della sua carriera, ora è un nuovo alfiere di Pavan Free Bike.

Giovanni Bartesaghi, il Campione Italiano XCO Master 6 nel 2019, è la seconda maglia tricolore di Pavan Free Bike, un titolo portato in dote con il trasferimento ad inizio stagione dal Vam Race di Moggio, alla squadra di Sovico. Originario di Beverate, una piccola frazione di Brivio, in cui abita da 56 anni, “Gio” ha passato gli ultimi 31 in sella, diventando uno degli amatori più rappresentativi del territorio lecchese, oggi ancora in splendida forma, a dar filo da torcere ad avversari più giovani.
Nella zona è considerato come un’icona della mountain bike, uno dei pochi biker ancora in attività del prospero movimento lecchese del ciclismo off road che ha avuto il suo periodo di piena esplosione fino alla fine della prima metà del primo decennio del 2000. Di quegli anni Giovanni è un testimone, fino al 2001 in regione e poi negli anni successivi su tutto il territorio nazionale, fino alla bella collezione del 2019, con 13 vittorie e la prestigiosa maglia tricolore vinta a Chies d’Alpago.

A dispetto di una carriera lunghissima, la storia sportiva di uno dei veterani della mountain bike, è piuttosto semplice: ha giocato a calcio per qualche anno a livello amatoriale, poi un pò di corsa in montagna e nel 1989, a 25 anni si è avvicinato alla mountain bike cominciando a pedalare per curiosità. Visto che anche con poco allenamento andava già benino in bici, l’anno dopo ha partecipato alla prima gara, la Speedylonga, con la maglia del Longoni Sport MTB.

Prima gara Speedylonga 1990, cosa ricordi del tuo debutto?
“Sono passati tanti anni … La Speedylonga era la manifestazione che ogni autunno chiudeva il calendario nazionale della disciplina. Fu quella la mia prima partecipazione ad una gara, sono partito senza sapere se e come l’avrei finita. Da allora è scattata la molla della passione e non mi sono più fermato!”

In tutti questi anni secondo te cosa è cambiato nell’ambiente delle gare amatoriali?
“Secondo me nei primi anni 90, gli anni pionieristici della mountain bike, era tutto molto più casareccio, l’ambiente era affascinate e il clima sembrava più quello di una grande festa paesana. Adesso è tutto più professionale, le mountain bike hanno visto notevoli sviluppi, prima erano meno sofisticate, sono cambiate la preparazione atletica e i percorsi di gare, insomma il nostro sport ha avuto una grossa evoluzione”

Per tanti anni hai inseguito il titolo tricolore che finalmente hai raggiunto lo scorso anno è stato il traguardo della tua lunga carriera?
“Diciamo che lo scorso anno è stato un anno buono con 13 vittorie, il circuito Santa Cruz, il Campionato Provinciale Marathon e poi il titolo italiano cross country. Il tricolore l’ho proprio cercato e preparato, è stata una gara difficile su un percorso molto impegnativo, siamo rimasti in cinque fino all’ultimo giro nella lotta del il podio, poi nel finale in due e nell’ultimo strappo ho forzato, portando a casa la maglia tricolore. Direi che era il traguardo che speravo di ottenere prima di smettere di fare agonismo, però se arrivasse ancora qualche altra bella soddisfazione prima di smettere, non la butto di certo via”

C’è una gara delle ultime che hai effettuato che invece ti ha deluso?
“Ma non saprei dire una gara, forse la Gimondi Bike dello scorso anno è quella che ricordo meglio visto che è una delle più recenti. Mi ha lasciato un pò l’amaro in bocca non tanto per il risultato sportivo, ma per la mancanza delle premiazioni per categoria, inesistenti per noi amatori“

Lo scorso anno hai fatto anche un paio di gare in linea, vincendo la categoria alla Marathon Bike della Brianza e sei salito sul podio alla Gimondi Bike, cosa si prova a 56 anni battere atleti che hanno la metà dei tuoi anni?
“Ogni anno mi piace fare qualche granfondo e poi la Marathon Bike si può dire che è la gara di casa, visto che si disputa sui sentieri che di solito percorro in allenamento. Sinceramente non ci ho mai pensato, ma comunque quando arrivi davanti a quelli più giovani, capisci che gli allenamenti fatti sono serviti e che con la determinazione si possono raggiungere ancora certi risultati”

Fotografia © MTB Channel

Come si tiene a questi livelli un amatore della tua età?
“Non vi sono segreti particolari se non dei semplici dettagli che si conoscono bene ma che spesso vengono sottovalutati. Non faccio niente di particolare, cerco solo di fare uno stile di vita sano e poi allenandomi quasi tutti i giorni riesco a mantenermi in forma”

Se dovresti incentivare un giovane nell’intraprendere questa attività, cosa gli diresti?
“Gli direi che la mountain bike e il ciclismo in generale, sono uno sport bellissimi anche perché ti fanno capire che nella vita se vuoi ottenere dei risultati ti devi impegnare. Di immergersi nella natura per provare ad apprezzare le magnifiche sensazioni che si pedala in montagna o nel verde più assoluto”

Quest’anno sei passato a Pavan Free Bike: pareri e impressioni
“Cosa dire, come società la conosco da sempre, anche se l’ho sempre vista da fuori. Ora che ne faccio parte, ho avuto la conferma che quello che intuivo vedendo la squadra alle gare è una realtà, questo è un team molto organizzato ed affiatato, anche se per me è ancora tutto da scoprire. Visto il periodo che stiamo vivendo, il poco tempo passato insieme conferma quanto immaginavo di trovare”

Alberto Riva … Laureato a Genova, Campione del Mondo in Canada

Alessandrino di Acqui Terme, scopre la bici da giovanissimo crescendo in una famiglia di appassionati delle due ruote. Il ricordo più bello da Elite è quello di aver avuto come compagno di squadra Mirko Celestino, nel mondo amatoriale il suo è stato un crescendo, fino all’oro mondiale del 2019 in Canada.

Con due titoli italiani nella mountain bike, uno nel ciclocross e un’oro mondiale nella mountain bike, un’impresa a cui pochi corridori si sono mai avvicinati, Alberto Riva è uno degli amatori italiani più in vista. Non sono solo le classifiche delle gare nazionali a dirlo, ma anche un lungo palmares e la maglia iridata che ha portato in dote con l’arrivo nell’inverno a Pavan Free Bike, con l’obiettivo di difenderla e di provare a vincere anche il titolo europeo.

Tutto è cominciato ad Arquata Scrivia, dove Alberto è cresciuto. Il borgo posto a metà strada tra Alessandria e Genova, al confine con la Liguria, è stato la base di partenza per il suo primo sport, la pallavolo che Alberto ha praticato fino a 11 anni, anche se allora aveva già un’altra passione, fare dei giri in bicicletta con suo papà. Crescendo in una famiglia di appassionati delle due ruote, Alberto partecipa come cicloturista insieme al padre alle prime gare di mountain bike organizzate tra la Liguria e il Piemonte. Quando aveva 17 anni, su invito di un amico si iscrive alla sua prima squadra ciclistica, il Racing Team La Bici, la squadra del suo paese, con cui partecipa alle prime gare con spirito agonistico.

Negli anni successivi la passione e la voglia di avvicinarsi ai migliori della categoria, spingono Alberto a partecipare a competizioni di livello sempre crescente e nel 2002 passa in una squadra genovese, il Bike O’Clock Casaccia con cui partecipa alle prove degli Internazionali d’Italia, vincendo le sue prime gare nazionali proprio a Genova e a Monticello Brianza.
Nel 2003 tenta il passaggio tra gli Under 23, ma è solo una breve parentesi, l’anno dopo torna a correre tra gli amatori e vi resta fino al 2008, collezionando alcune vittorie nazionali, il terzo posto nel Campionato Italiano XCO 2007, il quarto nel 2006 e due quinti posti ai Campionati Italiani Cross Country e Marathon.

Nel 2008 con il Racing Team Dayco riprova il salto nella categoria Elite per il piacere di gareggiare insieme ai migliori, nel frattempo laurea a Genovo in Ingegneria Biomeccanica e poco dopo inizia il suo percorso professionale. Le successive due stagioni sono con il Bike O’Clock PDB, poi nel 2011 ha la soddisfazione di far parte del team Semperlux Axevo Haibike, la squadra di Mirko Celestino, in cui cerca di farsi valere ed imparare il più possibile. Nel 2013 Alberto decide concludere l’esperienza tra gli Elite e torna fra gli amatori per competere con chi fa una vita simile alla sua, ma anche per potersi giocare le prime posizioni di categoria e soprattutto la classifica assoluta. Man mano che passano gli anni l’asticella degli obiettivi si alza sempre più e arrivano i successi, quelli belli e gratificanti: due ori (2018, 2019) e 4 argenti (2013, 215, 2016, 2017) ai Campionati Italiani XCO, il terzo posto al Campionato Italiano Marathon 2013, il titolo tricolore ciclocross del 2015 e 2 argenti (2016, 2018), fino allo splendido oro canadese ai Mondiali Masters 2019, preceduto dall’argento 2018 in Spagna e dal bronzo 2016 in Val di Sole

Alberto, due volte Campione Italiano e lo scorso anno Campione del Mondo, a cosa pensavi quest’anno?
“L’obiettivo era cercare di difendere al meglio i titoli e puntare ad un risultato anche ai Campionati Europei Masters, ai quali non ho mai partecipato. Le cose hanno preso una piega diversa e non si sa di preciso come andranno, vedremo..”

Chi ti senti di ringraziare per i traguardi raggiunti?
“Devo ringraziare tante persone: i miei genitori che mi hanno seguito e supportato da sempre, la mia compagna Marlen che mi segue a livello di massaggi e alimentazione, il Racing Team La Bici e il Bike O’Clock che ho sempre potuto vedere come delle seconde famiglie, anche adesso che le nostre strade si sono divise.
Non posso dimenticare il mio storico amico e compagno di squadra, Carlo Bruzzone, che tra l’altro mi ha convinto lo scorso anno a partecipare ai mondiali in Canada, ai quali non volevo andare in quanto prendo poco volentieri l’aereo”

Fotografia © Mathieu Bèlanger

La stagione era cominciata bene con la vittoria a Campochiesa, come immagini i prossimi mesi e la possibile ripresa delle attività?
“Si, diciamo buona la prima! Onestamente non mi stupirei se la maggior parte degli eventi fossero riservati alle sole categorie agonistiche ma è difficile dirlo. Non possiamo fare altro che aspettare e nel frattempo goderci la libertà che la bicicletta ci offre”

Molte persone dicono che hanno valorizzato questo periodo di tranquillità godendo di cose che normalmente non riescono ad apprezzare. Come hai gestito il lockdown?
“Per mia fortuna ho potuto lavorare da casa, senza perdere una giornata di lavoro. Per il resto ho proseguito gli allenamenti sui rulli cercando nuovi stimoli. La sensazione più bella comunque è stata uscire ad inizio maggio e respirare nei boschi l’aria della primavera inoltrata”

Quale è stato il feedback con Pavan Free Bike in questi primi mesi?
“La squadra mi ha messo a disposizione un ottimo mezzo ed il materiale per fare bene. Per quanto ho potuto vedere l’organizzazione del team è veramente molto buona e non sembra di essere in una squadra di amatori. Mi spiace non aver ancora potuto condividere con i compagni qualche bella trasferta o allenamento collettivo”

Sei tra i più forti amatori italiani con un passato nella categoria Elite, hai mai ricevuto offerte per tornare correre tra i professionisti?
“A dir la verità no, anche se a volte mi viene la pazza idea di tesserarmi nuovamente Elite e tornare a prendermi delle belle legnate!”

Che cosa ami di più della mountain bike? E cosa avresti fatto se non avessi corso?
“Mi piace la soddisfazione che deriva dalla fatica e allo stesso tempo l’emozione che ti regala una discesa tecnica. Se non avessi corso in bici avrei comunque fatto uno sport individuale competitivo, quando le cose non vanno bene te la puoi prendere solo con te stesso e non rischi che qualcuno ci resti male. Del resto ho sempre avuto la competizione nel sangue, fin da quando mi cronometravo tornando a casa di corsa dalle scuole elementari”

Maurizio Brambilla e Carlo Bruzzone … Che coincidenza il 1997 !

Il veterano di Pavan Free Bike e uno dei nuovi arrivati del 2020 si raccontano. Dopo 23 anni nelle corse, non sono stanchi, anzi continuano a divertirsi come quel giorno del 1997, quando misero per la prima volta il numero sulla bicicletta.

Maurizio Brambilla, lombardo, Carlo Bruzzone, ligure, Master 5 il primo, Master 2 l’altro, “Mao” da dieci anni in Pavan Free Bike, Carlo nuovo arrivo del 2020 … cosa hanno dunque in comune? Il 1997 … l’anno in cui entrambi hanno fatto la prima gara. Due personaggi diversi, due storie diverse, due esperienze diverse, in questa duplice intervista emergono le differenti opinioni di due ciclisti amatori di cui sarebbe impossibile immaginare la loro vita senza la mountain bike.
Non necessariamente per loro il risultato è l’obiettivo primario, lo sport rappresenta tempo libero, hobby e passione allo stesso tempo, inoltre, ci sono la famiglia, gli amici e il lavoro, in un’avventura lunga più di vent’anni, ognuno con le sue motivazioni insegue ancora dei traguardi soggettivi.


Maurizio Brambilla … Bio
Classe 1969, lecchese di Verderio Inferiore, Verdé de Sot in dialetto brianzolo, Maurizio Brambilla non ha un palmares sportivo ricchissimo, ma per lui il richiamo per la mountain bike è ancora forte. Superati i 50 anni, è uno dei veterani della mountain bike che ha avuto sin da bambino la passione per la bicicletta, ma fino ai 15 anni il suo interesse si è rivolto all’atletica leggera. Poi, complice un battibecco con il suo allenatore dell’epoca, ha appeso al chiodo le scarpette, fino alla scoperta della mountain bike ai primordi di questo sport, nel 1997.
Una scommessa fatta con un’amico, portare a termine i 54 Km della Marathon Bike della Brianza con soli 15 giorni di allenamento lo vede al via della classica brianzola, ma nulla lasciava prevedere che ciò potesse scrivere il suo futuro sportivo. Non solo Maurizio vinse la scommessa finendo la gara in 347ª posizione su 920 arrivati, l’esperienza fu subito entusiasmante e l’innamoramento con la mountain bike fu totale.

Da quel momento in poi non passò giorno che Brambilla non abbinasse lavoro a sport e tempo libero, iniziando a gareggiare e da allora, non si è più fermato. Ha corso i primi anni nel Team Biciaio per poi passare al Team Alba Orobia Bike e quindi dopo una breve parentesi con il Lissone MTB, finalmente, dal 2010 con la maglia Pavan Free Bike.

Maurizio, hai idea in quante gare hai gareggiato da quella scommessa alla Marathon Bike della Brianza?
“Ho iniziato con la mountain a 28 anni e ho scoperto la mountain bike ai primordi di questo sport, da allora penso di aver fatto almeno 400 gare, se ci ripenso mi sento datato, ma quando metto il casco e salgo sulla mia bici non ho più età. In tutti questi anni qualche bella soddisfazione me la sono levata, qualche campionato provinciale e qualche vittoria le ho portate a casa e, non è ancora finita”

Sei un veterano della mountain bike che interpreta con genuina passione la filosofia amatoriale, cosa significa questo sport per te?
“Beh, questo sport per me significa libertà, vedere il mondo scorrere a misura d’uomo, conoscere sempre nuove persone, la bici avvicina le persone e crea nuove amicizie. Ormai dopo tanti anni passati in sella non c’è gara in giro per il Nord Italia o uscita in solitaria, dove non incontro almeno una persona che conosco”

Sono dieci anni che sei con Pavan Free Bike, sei proprio affezionato a questo team?
“Ormai sono veramente tanti anni che faccio parte della squadra, mi sento a casa, questa per me è come una seconda famiglia. Nella squadra si respira un’atmosfera familiare cominciando dal nostro papà adottivo Antonio che posso solo ringraziare per tutto quello che fa per noi, per poi passare a Claudio, semplicemente spaziale, una vera macchina da guerra quando siamo sui campi gara e anche quando non corriamo, per finire con i compagni con i quali c’è un ottimo rapporto di amicizia, anche se vanno troppo forte e li invidio un pochino …”

Fotografia © Enrico Andrini

Qual è il tuo hobby preferito quando non pedali?
“Oltre alla bici mi piace molto la fotografia, quando riesco, tra i mille impegni, prendo la mia reflex e parto”

Quale sarà il tuo obiettivo al rientro nelle gare?
“Ovviamente arrivare più in alto possibile nelle classifiche per cercare di ripagare al meglio chi ci permette di gareggiare in totale tranquillità, ma anche per ripagare chi da ormai tantissimi anni mi supporta, e soprattutto sopporta, mia moglie e mia figlia. Comunque vada il motto è sempre quello “never give up” … e prima o poi i sogni vedrete che si avvereranno”

Carlo Bruzzone … Bio
Anche per Carlo Bruzzone, 38enne genovese di Masone, la storia ciclistica inizia nell’estate 1997, appena finito il campionato di calcio disputato da Carlo nelle giovanili del GC Masone. Incuriosito da una gara di mountain bike organizzata nel suo paese, Carlo non è rimasto a lungo un semplice spettatore e compiuti i 16 anni, si è gettato nella mischia e da li in avanti gare su gare, soprattutto nel basso Piemonte e in Liguria, affrontate con molto spirito d’avventura.
Con il tempo prende il sopravvento lo spirito competitivo e nel 2008 arrivano le prime vittorie, così l’anno dopo passa nella categoria Elite, senza cogliere però molte soddisfazioni. La parentesi è breve, nel 2010 si sposa, ci riprova nel 2012 ma con scarsi risultati.
Bruzzone l’anno dopo torna a correre tra gli amatori, disputando prima le gare in circuito e alcune granfondo, ma il suo obiettivo si rivolge al 2016, disputa a Courmayeur un buon Campionato Italiano, chiuso in 12ª posizione, e si proietta al vero target della stagione, il Campionato Mondiale Masters in Val di Sole che però non riuscirà a disputare, la sua stagione termina in una gara della Coppa Piemonte, dove si frattura il femore destro.

Risale in bici, pronto a ricominciare e finalmente riesce a correre il Mondiale 2017 disputato in una giornata di pioggia a Vallnord, nel Principato di Andorra.
Nel 2018 gli obiettivi sono Mondiale e Italiano, corre il primo con gli strascichi dell’influenza del giorno precedente e nel secondo chiudo ottavo, forse una delle migliori gare della sua vita. 2019 storia recente con fattori invertiti, non brilla nella prova tricolore di Chies d’Alpago, ma sorride in Canada, gestendo bene dall’inizio alla fine la prova mondiale, dove termina decimo.

Carlo, torniamo indietro di qualche anno e ripensa alla tua prima gara, cosa ti ricordi di quella giornata?
“A scatenare tutto è stata l’ammirazione che nutrivo per un mio vicino quando l’ho visto in azione nella gara del mio paese, dove corse da protagonista. Qualche giorno dopo mi sono presentato al suo garage dove faceva manutenzione della bici e gli ho chiesto di portarmi con lui alla gara successiva. In una domenica da lupi, ho debuttato alla gara/raduno del Passo del Faiallo, nebbia bassissima, vento a raffiche, freddo, pietre bagnate e percorso tecnico, una tragedia, sono caduto più volte, mi sono anche perso, ma sono arrivato al traguardo. Quel giorno è nato il mio sogno, eguagliare il mio mentore che aveva partecipato ad un Mondiale Master a Matabief e quindi, nella mia testa, passati i 30 anni, l’obiettivo era quello di andare al Mondiale”

Se non sbaglio la tua prima gara “seria” è stata la Rampilonga 1997, ci racconti gli aneddoti?
“Quell’anno si correva ancora il percorso vecchio che arrivava a Paneveggio, terminata la mitica salita del Lusia si scendeva nella valle dietro e a quel punto dovevi per forza pedalare fino al traguardo, non ci si poteva ritirare. Con tre mesi di allenamento nelle gambe e senza aver mai fatto 40 km in vita mia, sono partito nelle retrovie con il pettorale 2966. Fu una giornata interminabile, 4 ore e 30 in bici, arrivai distrutto, ma realizzato nello spirito”

In quante gare hai gareggiato finora?
“In realtà superato il centinaio ho smesso di contarle. Dal ‘98 i primi anni facevo una media di 30 gare l’anno, dal 2009 molte meno, fino al 2012 quando ho scoperto il ciclocross e in numero è di nuovo salito, comunque non più di 25 gare l’anno”

Nel 2012 hai avuto un incidente mentre gareggiavi in Piemonte. Le conseguenze sono state piuttosto serie, dopo la guarigione, quando ti sei rimesso il casco per la prima volta, cosa hai provato?
“Una sensazione molto particolare. Le conseguenze fisiche dopo la scivolata sono state davvero pesanti, frattura sottopertrocanterica del femore destro, la gamba è rimasta più corta dopo l’operazione e avevo tanti dubbi. Sono risalito in bici ancor prima di abbandonare le stampelle, perché in sella non avevo dolori e fastidi e mi sentivo davvero libero. Non potevo fermarmi senza almeno provare, ho ripreso a pedalare poi tutto ha preso la giusta piega”

Nel 2009 ti sei trovato in squadra con Alberto Riva e da li il vostro percorso sportivo è stato comune. E’ un binomio così consolidato il vostro?
“Con Alberto abbiamo iniziato a correre più o meno nello stesso periodo e nelle stesse gare, quindi ci si vedeva sui campi di gara, ma per me era un amico/rivale come altri. Nel 2009 mi hanno proposto di passare nel suo team come Elite e l’offerta era irripetibile, firmai al volo, da li in avanti trasferte assieme, qualche allenamento e soprattutto un’amicizia che si è stretta fino ad essere quasi come fratelli. Spesso sono io il suo traino per programmare trasferte importanti e lui mio consigliere sulle strategie di gara”

Nel 2020 avete deciso di passare in Pavan Free Bike, per quanto ti riguarda cosa ti aspetti da questo cambiamento?
“Nella trasferta canadese ci siamo trovati a chiedere aiuto agli italiani presenti per un problema di pass per i box e abbiamo conosciuto Claudio. E’ scattata una molla e l’idea di approdare in un team importante e blasonato come Pavan Free Bike mi ha entusiasmato da subito. Avere alle spalle persone serie che ti permettono di concentrarti solo sulla gara è importante e accresce la voglia di mettersi in gioco”

D’inverno, lasciata la mountain bike in garage, gareggi nel ciclocross, è proprio impossibile per te stare fermo?
“Si è impossibile devo trovare sempre qualcosa da fare, stare a casa non è contemplato per ora. Ho iniziato per scherzo con il cross per allenare il ritmo e la tecnica di guida, poi non ho più smesso. Principalmente mi concentro su dei circuiti nella mia zona con la partecipazione ai Campionati Italiani”

Siamo tornati ad allenarci in bicicletta, gli spostamenti tra le regioni si sono aperti, hai una sensazione di quando potrete tornare di nuovo a correre?
“Realisticamente la vedo un pò dura, perché credo che il protocollo per chi organizza le gare complicherà parecchio le cose, fino a quando non verranno chiarite le indicazioni necessarie. Nel mio piccolo, per diversi anni ho organizzato una gara XC nel mio paese e collaboro tuttora con il circuito regionale ligure con una gara di ciclocross, quindi sono a conoscenza delle problematiche per l’organizzazione di un evento, tra richieste e permessi vari uno perde la voglia. Comunque spero si possa riprendere presto a correre, perché gli obbiettivi sono fissati anche se senza data!”

Andrea Palerari e Riccardo Capiaghi … dal calcio alla mountain bike

Sono stati calciatori, poi hanno appeso le scarpette al chiodo per correre in mountain bike. Andrea Palerari e Riccardo Capiaghi si raccontano: mettersi il numero sulla schiena alla ricerca di un podio di categoria è uno dei loro obiettivi.

In Pavan Free Bike c’è posto per tutti, per il campione, ma anche per chi non ha l’obiettivo di portare i propri colori sul podio delle classifiche, ma condivide e coltiva la medesima passione per il mondo delle due ruote. Ognuno ha le sue motivazioni i propri obiettivi, Andrea e Riccardo corrono per il proprio piacere, per divertimento, per passione, per mettersi alla prova prima di tutto con se stessi. Come la maggioranza dei ciclisti amatoriali, Andrea Palerari e Riccardo Capiaghi si definiscono ciclisti medi, quelli che gareggiano senza avere necessariamente il risultato come obiettivo primario, che si buttano nella gara per il puro gusto di godere dallo spirito agonistico, quelli che pur non avendo mai colto grandi piazzamenti, sono consapevoli dell’importanza delle gare a cui partecipano, per stare con gli amici.

Andrea Paleari …. Bio
Nato nel 1989 a Carate Brianza, ma ha sempre vissuto a Sovico, Andrea Paleari, fin da piccolo ha sempre amato stare all’aria aperta e il contatto con la natura, due aspetti che lo hanno accompagnato anche nelle scelte scolastiche e lavorative, ha studiato agraria e ad oggi come libero professionista svolge l’attività di Dottore agronomo.
Il suo primo sport è stato il minibasket, che ha praticato però per solo un anno perché poi la voglia di correre e stare con gli amici in un campo da calcio è diventata troppo forte. Dopo 11 anni tra oratorio e Sovicese, Andrea ha sentito che era arrivato il momento di cambiare qualcosa e ha iniziato ad andare in mountain bike nei boschi, esplorando la Brianza. L’incontro nei boschi di casa con dei ragazzi del G.S. New Bike di Seveso è stata la scintilla che ha iniziato il suo percorso agonistico in sella alla mountain bike.

Andrea, ti ricordi quale è stata la tua prima gara e come è andata?
”Certo che me la ricordo, ci ho messo tre giorni per riprendermi … Gimondi Bike 2007, praticamente senza la minima consapevolezza ho deciso di provarci, sono riuscito a terminare la gara anche se avevo crampi ovunque, una vera mazzata, ma appena finita la gara, ho subito percepito che avevo voglia di farne un’altra e così non ho più smesso”

Sei dal 2017 in Pavan Free Bike, quanto ti rende orgoglioso trovarti in un team a fianco di Campioni del Mondo, Europei, Italiani?
”Per me è un onore correre con la Pavan Free Bike. Sono consapevole dei miei limiti, ma la possibilità di correre con i più forti mi dà stimoli. Avere in squadra campioni del genere ti fa crescere, cerco sempre di ascoltare e anche chiedere consigli sui passaggi tecnici o sulla bici e soprattutto ammiro la loro dedizione: lavorare, avere una famiglia ed essere a quei livelli è veramente impegnativo”

Fotografia Andrea Paleari © Treviso MTB

Qual è il tuo hobby preferito quando non pedali?
”Trekking in montagna, viaggi in moto e nel periodo invernale appena posso vado a sciare: snowboard o sci di fondo”

Quale sarà il tuo obiettivo al rientro nelle gare?
“Non ci penso troppo, vista la situazione ho già la testa orientata al 2021. Compatibilmente con i vari impegni, ho l’obiettivo di partecipare ai Campionati del Mondo ed Europei: sono consapevole dei miei limiti ma sarei molto felice di prendervi parte e di dare tutto”

Riccardo Capiaghi…. Bio
Nato nel 1989 a Lecco, abita a Rogeno, un piccolo paese del lecchese a pochi minuti dalle montagne e dal lago di Como. Nella vita svolge la professione di operaio, come operatore di stampa ink-jet su tessuti in un azienda vicino a casa.
Ciclisticamente ha alle spalle solo poche stagioni da agonista, avendo deciso di cambiare sport solo nel 2014, anno in cui ha lasciato il calcio, lo sport con cui ha iniziato la sua attività sportiva all’età di sei anni. Dopo aver giocato per qualche anno nella squadra di calcio del paese, passa in un affermata società della zona con la quale disputa campionati a livello regionale, disputando poi le ultime stagioni nei campionati amatoriali. Terminato di giocare a calcio, si avvicina alla mountain bike frequentando i corsi di tecnica di guida e di discesa di Giovanni Casiraghi e si tessera con il Team Spreafico disputando l’intero e circuito Orobie Cup. Nel 2016 arriva in Pavan Free Bike.

Riccardo, sei nato calciatore e ora ti trovi ad essere un biker, è successo tutto per caso?
“In famiglia non siamo mai stati appassionati di ciclismo, ma sono sempre stato un pò attratto da questo mondo, ammirando in TV le gesta dei ciclisti al Giro d’Italia e alle grandi classiche. Ho iniziato ad andare in mountain bike nel 2013 con una 26” di mio fratello, tempo qualche uscita e mi feci subito la mia bici. Il motivo del mio passaggio alla mountain bike fù l’impossibilità di conciliare i miei impegni lavorativi con gli allenamenti serali con la squadra di calcio, ma anche perché il campo di calcio iniziava a starmi stretto ed ero alla ricerca di nuove emozioni e sensazioni che i trail sapevano darmi”

Ti ricordi quale è stata la tua prima gara e come è andata?
“Mi iscrissi con un amico alla Marathon Bike della Brianza del 2014 percorso Avventura da non tesserato, ricordo che ci impiegai circa quattro ore e mi fermai diverse volte per i crampi. Non ero per niente preparato fisicamente e tecnicamente per affrontare una gara e quel chilometraggio, ma fu comunque una soddisfazione tagliare il traguardo”

Come è il Riccardo di cinque anni dopo?
“Non sono un macina gare, il mio standard è non far più di venti gare. Prediligo le gare di cross country ma non mi dispiace inserire nel calendario anche tre o quattro granfondo. Per raggiungere degli obbiettivi in uno sport individuale come il nostro, ci vogliono grande dedizione e sacrificio. Purtroppo un mio grosso limite è mentale, fattore sul quale sto cercando di lavorare per non commettere gli errori del passato ed approcciarmi agli allenamenti e alle gare in modo diverso”

Quanto ti rende orgoglioso trovarti in un team a fianco di Campioni del Mondo, Europei, Italiani?
“Per me far parte di un rooster composto da atleti di questo calibro, non può che far piacere perchè da loro posso solo imparare. Di questi campioni ammiro la determinazione e i sacrifici con cui hanno potuto raggiungere i propri obbiettivi nel corso dei tanti anni di carriera. Inoltre, bisogna anche dire che è tutta gente per bene e disposta a dare consigli e tra tutti noi, seppur abitiamo in province diverse, c’è un grande affiatamento. Parte del merito è del team manager Claudio Cossa e del presidente Antonio Pavan, il nostro primo tifoso”

Qual è il tuo hobby preferito quando non pedali?
“Quando ripongo bici e casco nel garage di casa, mi piace indossare le scarpette da trail ed andare a camminare in montagna e raggiungere le cime con una velocità e un occhio diverso di quando si è in bici. Nelle giornate di relax invece, mi piace passare momenti di svago con gli amici, leggere libri autobiografici di sportivi e mettere mano e rendere efficiente la mia Superior”

Quale sarà il tuo obiettivo al rientro nelle gare?
“Il 2020 per me, avrebbe coinciso con il passaggio di categoria nei Master 1. Se ci sarà la ripartenza dell’attività voglio farmi trovare pronto per potermi togliere qualche soddisfazione e riscattare il finale della scorsa stagione. Vorrei regalare una gioia alla società dalla quale in questi anni, ho ricevuto molto, facendomi sentire sempre parte integrante del gruppo e non facendomi mancare mai nulla. Mi auguro di poter concludere l’annata con la squadra, alla Roc d’Azur, alla quale non ho mai avuto il piacere di partecipare”

Andrea Artusi, Giuseppe Conca … due attesi ritorni

Intervista doppia ad Andrea Artusi e Giuseppe Conca. Andrea e Giuseppe sono senza dubbio dei combattenti, la loro determinazione a riprendere da dove avevano lasciato, rende piacevole per tutto Pavan Free Bike riaverli in squadra.

Entrambi della provincia di Lecco, per loro il 2019 è stato un anno non certo facile. Dopo aver gareggiato al top fino a giugno, per un grave infortunio Andrea Artusi ha concluso in anticipo la sua prima stagione in Pavan Free Bike, dopo due buone annate con la squadra di Sovico, invece Giuseppe Conca ha deciso un anno di stop per risolvere dei problemi fisici causati da una sciatalgia.

A diverso titolo quest’anno erano pronti a rientrare in squadra, per Conca era arrivato il momento di appendere il numero sulla bicicletta, mentre Artusi, smesso l’uso delle stampelle voleva seguire la squadra come assistente ai compagni in gara, in attesa di poter riprendere le competizioni. Non ci sono molte persone che possono riprendersi da dei traumi seri come ha fatto Artusi e, dopo tanta paura e sofferenza, avere voglia di combattere ancora nel gruppo.

Andrea Artusi …. Bio
Andrea Artusi, classe 1973, è un valsassinese di Pasturo, un piccolo paese a 600 metri ai piedi della Grigna Settentrionale.
Fin da piccolo ha sempre avuto una gran passione per il calcio, sport che ha praticato fino all’età di 30 anni, quando ha capito di non divertirsi più col pallone e, seguendo l’esempio di suo padre, grande appassionato di ciclismo, nel 2003 ha acquistato una mountain bike iniziando a pedalare sulle sue stupende montagne.
Si tessera con il Bike Team Valsassina iniziando a fare qualche granfondo, tra cui la mitica Rampilonga e la Gimondi Bike.

A luglio 2004, la prima vittoria nella gara in salita Pasturo – Alpe Coa, organizzata nel suo paese e per una scommessa fatta al bar con gli amici, si è dovuto fare i capelli biondi!
Tre anni dopo passa alla Corno Marco Italia, società di Lecco, iniziando a correre praticamente tutte le domeniche, con delle belle soddisfazioni, su tutte la vittoria agli Internazionali d’Italia a Nalles 2011 e la partecipazione al Campionato Italiano a Pejo Terme, in Trentino. La stagione inizia bene anche nel 2012, ma in settembre un grave incidente lo tiene a lungo lontano dalle gare.

“Tutto sembrava perfetto, ma purtroppo durante un allenamento sulla provinciale della Valsassina un’auto mi ha tagliato la strada e sono finito in condizioni gravissime nel reparto di neuro rianimazione dell’ospedale Manzoni di Lecco per i traumi riportati. Spalla, otto costole, doppia frattura al femore con un fissatore esterno sopportato per otto mesi, il rischio di perdere un polmone, dicono tutto della gravità dell’infortunio che mi ha tenuto lontano dalle gare anche l’anno successivo. E’ stata una brutta esperienza, che però mi ha fatto crescere e capire molte cose, la prima su tutte quanto io ami questo sport e di quanto ormai sia una parte di me stesso”

Nel 2014 Andrea torna in sella ma senza grandi risultati, l’anno dopo con il Team Spreafico le cose vanno meglio e conclude la stagione con la vittoria alla Alta Valtellina Bike Marathon Classic e cinque podi nelle gare di Brescia Cup e Orobie Cup. Nel 2017 passa al Team Oliveto dove in due stagioni vince per due volte il circuito Orobie Cup e nel 2018 Brescia Cup, in una stagione bellissima conclusa con ben 9 vittorie e il bronzo mancato per poco al Campionato Italiano XCO di Pila.
Poi l’incontro con Claudio, il responsabile di Pavan Free Bike e dalla scorsa stagione indossa la prestigiosa maglia bianco rossa con cui gareggia per quattro mesi, fino alla gara di Sormano dove in una caduta ha riporta la frattura del femore destro.

Il 2019 è stata una stagione incompiuta la tua, cosa ti è rimasto delle gare disputate?
“Purtroppo la mia stagione è durata solo quattro mesi in cui sono comunque riuscito a condividere con la squadra dei bei momenti e delle vittorie, tra cui quella di Lugagnano”

Quali ritieni sia stato il tuo miglior risultato nella mountain bike e perché?
”Beh, vincere a Nalles è una soddisfazione unica, ma la vittoria più bella e significativa sarà sicuramente la prossima, la prima al mio rientro”

Lo scorso anno sei stato vittima di un grave infortunio e non è stato il primo, è stato difficile riprendersi?
“Lo scorso anno il 30 giugno in gara a Sormano mi sono fratturato nuovamente il femore destro e l’intenzione di mollare tutto è affiorata, ma è durata poco. Tra sofferenza, dubbi e paure, con tanto impegno e determinazione e il sostegno di tutta la mia famiglia mi sono ripreso alla grande”

La grande domanda è: sei pronto per le gare?
”Quest’anno, con ancora le viti nel femore, l’intenzione era quella di seguire i ragazzi per fare assistenza e tornare a gareggiare nel 2021, ma purtroppo, per loro la stagione non è mai iniziata”

Cosa ti piace davvero in Pavan Free Bike?
“La passione smisurata del presidente Antonio, l’impegno continuo di Claudio per organizzare tutto e mettere i corridori in condizioni di pensare solo a correre. Noi dobbiamo solo pedalare e pensare a festeggiare, visto che con tutti questi campioni in squadra le occasioni non mancano di certo!”

Giuseppe Conca …. Bio
Sin da bambino lo hanno sempre appassionato gli sport da combattimento che ha praticato fino a 26 anni, poi nell’ultimo anno di pugilato ha deciso di lasciare le palestre per pedalare nei boschi in sella alla mountain bike. Dopo le prime gare, per Beppe arriva il momento in cui deve prendere una decisione su continuare ad essere un numero e correre per hobby o se avanzare verso le posizioni prestigiose delle classifiche. Beppe ha scelto di continuare a concentrarsi sul suo futuro agonistico e la sua dedizione ha dato buoni frutti, maturando con l’esperienza. Nel 2017, il biker di Olginate è arrivato in Pavan Free Bike, disputando due ottime stagioni.

“Mi ricordo che a Sellero, dopo una gara di Brescia Cup 2016, venni avvicinato da Claudio, il manager del team che mi propose di entrare in squadra l’anno seguente, non ci credevo!” – racconta Conca – “ Una squadra vera!! Non sapevo cosa aspettarmi, avevo paura di non essere al altezza, ma ero anche entusiasta dell’offerta ed ho accettato”

Partito in sordina, all’ottava gara, a Sellero, Conca ha raggiunto il suo primo podio della stagione e la settimana dopo con il quartetto di Pavan Free Bike ha portato a Sovico il titolo tricolore del Campionato Italiano Team Relay. Un mese dopo, al suo primo Campionato Italiano XCO, ha disputato una gran gara, concludendo al quarto posto.
Il 2018 è partito molto meglio, nonostante un dolore sciatico che gli ha reso la vita davvero difficile. Giuseppe ha sofferto, ha stretto i denti ed è riuscito ad avere la soddisfazione di vincere il titolo regionale XCO, ma ha anche provato una grande delusione al Campionato Italiano di Pila.

”Già quando siamo andati a provare il percorso mi sono reso conto che all’altitudine di Pila non esprimevo il 100% delle mie possibilità. Il percorso era il più bello mai provato prima, sono partito bene ma ho capito subito che non avrei potuto ottenere un buon risultato. Faticavo a respirare, al secondo giro non ci vedevo quasi più e dopo diversi errori ho deciso che era meglio ritirarmi. Mi è dispiaciuto davvero tanto, sopratutto per la squadra a cui mi sentivo dover riconoscenza per tutto l’impegno che ha messo nei miei confronti”

Dopo l’italiano andato storto, Conca ha perso la concentrazione e le ultime gare di stagione non sono state un gran che, si è rifatto alla Roc d’Azur, portando a casa un ottimo 77° posto assoluto.

Il 2018 è stata la tua miglior stagione in Pavan Free Bike, poi ti sei preso una pausa nel 2019, quest’anno eri pronto a tornare in squadra?
“Nel 2019 ho preferito sistemare per bene i miei problemi fisici e non me la sono sentita di prendere degli impegni, sarebbe stato poco corretto verso la squadra. Il 2020 voleva essere l’anno in cui tornare a gareggiare e dare il mio contributo al top team di quest’anno, sto solo aspettando che esca un calendario realistico”

Cosa ti manca di più dei tuoi giorni di gare?
”Sicuramente l’adrenalina delle gare e la soddisfazione a fine gara”

Quale ritieni sia stato il tuo miglior risultato nella mountain bike e perché?
“Penso le due maglie regionali 2015 Marathon è 2018 XCO. Sono state due giornate perfette in cui non ho sbagliato nulla, comunque su tutte il regionale XCO è stato combattuto sudato e meritato. Davvero una grande soddisfazione!”

Raccontaci una storia divertente dai ricordi dei tuoi giorni di corsa?
”La cosa più simpatica è il nostro presidente, Antonio Pavan. Ad ogni gara è una festa, si trova sempre una scusa per affettare salami e stappare bottiglie di vino, a me questa cosa è sempre piaciuta. La festa di Antonio, la sua voglia di divertirsi e tifare per i suoi ragazzi che ovviamente per lui sono i migliori su tutti !!”

Quali sono stati i tuoi punti di forza e le possibili debolezze che senti di avere durante i tuoi giorni di gara?
”Debolezze, forse il fatto che talvolta non riesco a cogliere il divertimento ma ci metto troppo la testa, mentre quando prendo le cose per puro divertimento ottengo anche i risultati!”

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