Silvio Olovrap … con Pavan Free Bike il raccolto non è ancora iniziato!

Parlare di Silvio Olovrap, una delle figure storiche della mountain bike brianzola, significa raccontare uno spaccato degli ultimi 20 anni di mountain bike. Anni di gare, di vittorie, di podi, con diverse squadre lombarde, i prossimi saranno con Pavan Free Bike.

Trovare qualcuno nell’ambito della mountain bike amatoriale che non conosce Silvio Olovrap, è abbastanza difficile, soprattutto in Brianza, dove si è stabilito con i genitori, emigrati dalla Calabria a Correzzana, nel 1961. In questi anni Silvio ha praticamente vinto tutto quello che c’era da vincere. Dopo una vita dedicata al calcio, la sua prima grande passione che gli ha dato gioie e dolori fino al 1995, quando a 26 anni ha dovuto appendere le scarpette al chiodo dopo tre interventi al ginocchio destro, con ricostruzione di due legamenti: “Sono salito sulla mia prima mountain bike solo su consiglio dell’ortopedico per recuperare la muscolatura ma, giro dopo giro, ho capito che era la mia passione … il mio destino!!!!”

Silvio scopre la bici solo nel 1997 ed è subito contagiato da una grande passione, soprattutto per le gare, dove ama potersi confrontare con se stesso e gli avversari. Inizia con l’US Cassina de Bracchi per le prime due stagioni e poi con il Lambro Bike Sovico nel 2000, con cui ottiene le prime vittorie in manifestazioni non competitive. Ritornato alla società con cui aveva debuttato, vince alcune gare del Master Sampietro, tra cui la la prima granfondo di Brenna.

Nel 2005 passa al Decathlon Curno e le vittorie crescono, ancor meglio sarà il 2006 quando vince con la maglia del Paduano Martina Racing dieci gare e il titolo italiano a squadre nelle 24 ore, un anno di grandi soddisfazioni sportive ma anche di incomprensioni e promesse mancate che lo portano nuovamente in Brianza, tra le fila del Team Spreafico, in cui dal 2007 al 2010 mette a segno più di 70 vittorie tra cui le classifiche finali del Master Sampietro 2007 e del Circuito Tre Province 2008, il Campionato Italiano UDACE 2008, il Campionato Europeo e la Coppa del Mondo UDACE, i Campionati Regionali Cross Country e Cronometro 2007 e diverse granfondo.

Silvio Olovrap, di professione artigiano edile, nei successivi due anni si dedica interamente alla sua impresa edile e realizza il suo obiettivo, costruirsi la casa in cui va ad abitare con sua moglie e loro i due figli. Riprende a gareggiare nella squadra dei fratelli Testa, ottenendo nel biennio con la squadra lecchese 13 vittorie con due titoli regionali e un titolo italiano a staffetta. Dal 2015 al 2018, l’impresa edile di Olovrap ha un’appendice sportiva, Edil 2002 MTB Team, la squadra ACSI che Silvio allestisce in proprio e con cui inizia bene il primo anno con tre vittorie, il Campionato Regionale e il circuito River Marathon, ma finisce male con la rottura del gomito in gara a Pontevecchio di Magenta.

Il rientro gli restituisce con gli interessi quello che la sfortuna si è preso e il biennio 2016-2017 è un susseguirsi di successi: 31 gare tra cui il Campionato Italiano d’Inverno, il Campionato Italiano Cross Country, il Campionato Italiano Point to Point, i Campionati Regionali Cross Country e Granfondo. Nel 2018 si ripete quello già visto qualche anno prima, la stagione parte benissimo, ma viene interrotta per un infortunio rimediato durante un allenamento su strada durante il quale viene investito da un’automobile.

Si riparte da zero nel 2019 e Silvio si fa trovare pronto, questa volta con la Vam Race di Moggio che offre la possibilità al biker di Correzzana di rientrare nelle gare della Federazione Ciclistica Italiana. Per ripagare la fiducia della squadra, Olovrap prepara la stagione nel migliore dei modi e i risultati arrivano subito con il titolo regionale XC a Cuasso al Monte e quello Marathon a Nembro. A fine stagione su un totale di 28 gare disputate le vittorie sono ben 15 con diversi podi nelle gare del Santa Cruz MTB Series, ottimi piazzamenti in quelle degli Internazionali d’Italia con la grande vittoria nella prova di San Marino, il quinto posto al Campionato Italiano Cross Country a Chies d’Alpago. Sono tanti anche i podi in granfondo importanti che gli portano le vittorie finali del circuito nazionale Trek Zerowind Offroad Cup e della Coppa Lombardia MTB.

Ciao Silvio, lo scorso anno hai disputato una grande stagione, cosa ti ha portato in Pavan Free Bike?
“Stagione ottima lo scorso anno ma … in solitaria. Io e Gio Bartesaghi andavamo a fare le gare senza nessuna assistenza da parte della squadra e questo mi ha fatto meditare. Nonostante avessi ricevuto delle proposte da altre società, che però non offrivano quello che ci è mancato, ho contattato Antonio Pavan tramite il mio amico Guido Colombo e Claudio mi ha subito accolto a braccia aperte. Qui sono certo di aver trovato quello che per me è diventato un fattore importante in una squadra, l’assistenza sui campi gara, ma anche di più, un ambiente fantastico con persone veramente sincere”

Considerato che sei tra i biker storici del movimento lombardo, in questi anni secondo te cosa è cambiato nell’ambiente delle gare amatoriali?
“Da quando sono nell’ambiente ci sono state parecchie migliorie tecniche delle bici che hanno alzato il livello prestazionale atletico, ma non hanno portato il ricambio generazionale adeguato per il rinnovo e il miglioramento del settore. Noi “pionieri” stiamo invecchiando con il settore stesso e i giovani sono pochi”

Lo scorso anno hai avuto una grande stagione, vincendo sia nel cross country che nelle marathon, cosa immaginavi per il 2020?
“Per il 2020 le ambizioni erano tante e ci sono ancora, ma per ora sono felice di essermi lasciato alle spalle l’intervento al menisco di quest’inverno e vorrei almeno confermarmi ai livelli del 2019, con la volontà di inseguire il sogno di maglie importanti nel cross country”

Sei seguito da un preparatore atletico o ti alleni per conto tuo?
“Dal 2004 mi alleno seguendo il Metodo Forza e Ossigeno di Giovanni Camorani, che nel periodo invernale mi permette la sera di effettuare l’allenamento indoor specifico su Rotopressa (bike tipo spinning) visto che il lavoro mi permette poche uscite pomeridiane invernali, a parte quelle del week end. Comunque normalmente mi alleno quattro volte, due in settimana e le altre nel week end, famiglia permettendo. Mia moglie lavora e ho due figli adolescenti”

Il tuo sogno nel cassetto e un rammarico della tua carriera sportiva?
“Non ho rimpianti in carriera, ho vinto oltre 150 gare e raccolto altrettanti podi, ma cerco sempre nuovi stimoli per migliorare e dare di più. Sono convinto che le migliori vittorie debbano ancora arrivare. Adesso con il post Covid è cominciata la semina e con il Pavan Free Bike il raccolto non e’ ancora iniziato!”

Stefano “Lampo” Bonadei … sci e mountain bike made in Val Seriana

Bergamasco di Rovetta, dopo aver praticato lo sci di fondo, è diventato uno dei punti di riferimento per la mountain bike in Alta Val Seriana. Tra le settanta vittorie colte in mountain bike, un segno tangibile è la maglia di Campione Italiano Marathon vinta nel 2010.

Sci stretti e mountain bike, ecco la duplice attività agonistica di Stefano Bonadei, 42 anni di Rovetta, Campione Italiano Marathon nel 2010, uno dei punti di riferimento per la mountain bike in Val Seriana. Sposato con due figli, di professione operaio, conosciuto anche come “Lampo”, Stefano corre dal 1992, anno del suo debutto con la maglia dell’ MTB Clusone dopo aver praticato lo sci di fondo con lo Sci Club 13 Clusone, uno delle società più importanti nello sci di fondo, tanto da aver dato, molti giovani alle nostre nazionali. Anche sugli sci Stefano ha raggiunto alti livelli, gareggiando a livello nazionale, dopo aver iniziato quasi per caso nell’inverno del 1988, come racconta: “Un allenatore dello sci club venne in montagna dove io aiutavo mio papà che faceva il pastore e mi invitò a provare a fare questo sport di fatica. Pur essendo un bambino di dieci anni, mi trovai subito a mio agio con gli allenamenti e le gare. Sci d’inverno e durante l’estate, ci si allenava correndo a piedi e facendo in bici anche qualche gara, senza alcun tipo di pretesa”

Conclusa l’attività agonistica dello sci di fondo nel 2003, dopo le prime gare con l’MTB Clusone, per Stefano, si sono aperte le porte della mountain bike, un nuovo desiderio di sfida che coincide con l’anno di nascita del circuito Orobie Cup, che ha vinto per tre volte (2005, 2006 e 2008). Nel 2005 a Villa di Serio arriva la prima vittoria di categoria e nel 2006 la prima vittoria assoluta al Campionato Provinciale di Bossico, poi la domenica dopo alla Gimondi Bike una brutta caduta che lo tiene fermo parecchio tempo, fino a quando non si opera alla spalla infortunata. Oltre ad aver vinto più volte il “suo” Orobie Cup, Stefano Bonadei ha nel suo carnet una settantina di vittorie e appese ad una parete del suo salotto diverse maglie, quella tricolore marathon vinta a Moena nel 2010, quella di Campione Regionale Cross Country (2007, 2008) e Up Hill (2007), le tre di Campione Provinciale e, sugli scaffali i trofei della Coppa Lombardia 2009, 2010, 2012, Windtex Off Road Cup 2010, Brescia Cup 2011 e la medaglia d’argento conquistata al Campionato Italiano Cross Country di Torre Canavese nel 2010.

Ciao Stefano, benvenuto in Pavan Free Bike, cosa ti ha portato a Sovico?
“Era da un pò che guardavo le loro divise, mi piacevano molto e ne volevo una anche io … Scherzi a parte, ho deciso di approdare al Pavan Free Bike perché negli ultimi anni pur facendo parte di buone squadre non ne ho sentito l’appartenenza, non mi davano stimoli, ne un’assistenza adeguata alle gare. E’ veramente bello avere a che fare con persone cosi gentili e sinceramente disponibili, dal presidente a tutti i compagni di squadra non ci si può davvero lamentare”

Il primo ricordo personale che ho di te è alla Cavalcata in MTB di molti anni fa, cosa ricordi di quella gara epica della tua valle?
“La mitica cavalcata a coppie era per noi dell’Alta Valle Seriana l’ultima gara della stagione. Ho partecipato la prima volta a 16 anni con un mio coetaneo ed eravamo i piu giovani, poi altre due volte, la piu bella con mia moglie e nell’ultima edizione del 2004, sono riuscito ad arrivare settimo”

Hai disputato cinque edizioni del Campionato Italiano Cross Country e due Marathon, poi dal 2013 hai corso prevalentemente nelle gare lombarde, ci spieghi i motivi?
“Il mio primo Campionato Italiano Cross Country è stato nel 2005 a Sarentino dove arrivai nono nei Master Sport, come anche nel primo Marathon a Odolo nel 2007 terminando 57° assoluto. A queste gare nazionali ne sono seguite tante altre, poi mi sono dedicato a gare più vicine a casa per avere più tempo per la famiglia”

Ti abbiamo visto combattere sia nelle gare cross country che nelle marathon, dove ti trovi meglio?
“Mi trovo bene nel cross country perché i percorsi sono come nelle gare di sci da fondo, ad anello da ripetere più volte, ma anche nel marathon perchè come per lo sci alpinismo che pratico d’inverno, ci sono salite e discese più lunghe ed un impegno fisico di maggior durata, è una questione di testa e allenamento”

Ci racconti una tua giornata tipo, gli orari di lavoro, il tempo dedicato alla bici e quello dedicato alla famiglia?
“Da ormai quattro anni faccio il turno di notte per cui arrivo a casa la mattina alle sei e vado a dormire fino all’una, poi vedo cosa c’è da fare a casa e come è il tempo. In base a questi due elementi, decido che sport fare: mountain bike o bici da corsa, corsa o camminata in montagna, skiroll o sci da fondo e alpinismo d’inverno, insomma non mi annoio e se vengono con me anche i miei figli e mia moglie, sono ancora più contento, poi la sera faccio ancora un pisolino prima di andare al lavoro”

Sei seguito da un preparatore atletico o ti alleni per conto tuo?
“Non ho nessun preparatore o nutrizionista, ho imparato ad allenarmi nei vari sport ascoltando il mio corpo e le mie sensazioni, poi sicuramente bisogna imparare a far fatica a certi ritmi e facendo le gare, altrimenti si va sempre con quella marcia, non sono uno che si allena tanto, anzi penso che il riposo sia uno dei migliori allenamenti”

Quali erano le tue aspettative per la prima stagione in Pavan Free Bike?
“Le mie aspettative quest’anno erano quelle di prendermi ancora qualche bella soddisfazione, soprattutto nelle gare cross country e partecipare nuovamente ai Mondiali Masters di Praloup, per migliorare il settimo posto del 2009 e, ovviamente divertirmi con il nuovo gruppo”

E un sogno professionale o famigliare?
”Di sogni nel cassetto non ne ho perché ne ho gia esauditi parecchi! Sto collaborando con la rivista di montagna Orobie, per far conoscere gli itinerari in mountain bike più belli in Val Seriana, mi piacerebbe che i miei figli si appassionassero con impegno ad uno sport di fatica, cosa che li aiuterebbe nella loro crescita personale”

Giovanni Bartesaghi … un tricolore che arriva da lontano

Lecchese, classe ’64, vanta 31 anni di attività ciclistica, culminata nel 2019 con una grande stagione e la maglia di Campione Italiano Master 6. Superata la soglia dei 55 anni è ancora in grado di mettere alla frusta ragazzi ben più giovani e nemmeno con il titolo tricolore è arrivato alla fine della sua carriera, ora è un nuovo alfiere di Pavan Free Bike.

Giovanni Bartesaghi, il Campione Italiano XCO Master 6 nel 2019, è la seconda maglia tricolore di Pavan Free Bike, un titolo portato in dote con il trasferimento ad inizio stagione dal Vam Race di Moggio, alla squadra di Sovico. Originario di Beverate, una piccola frazione di Brivio, in cui abita da 56 anni, “Gio” ha passato gli ultimi 31 in sella, diventando uno degli amatori più rappresentativi del territorio lecchese, oggi ancora in splendida forma, a dar filo da torcere ad avversari più giovani.
Nella zona è considerato come un’icona della mountain bike, uno dei pochi biker ancora in attività del prospero movimento lecchese del ciclismo off road che ha avuto il suo periodo di piena esplosione fino alla fine della prima metà del primo decennio del 2000. Di quegli anni Giovanni è un testimone, fino al 2001 in regione e poi negli anni successivi su tutto il territorio nazionale, fino alla bella collezione del 2019, con 13 vittorie e la prestigiosa maglia tricolore vinta a Chies d’Alpago.

A dispetto di una carriera lunghissima, la storia sportiva di uno dei veterani della mountain bike, è piuttosto semplice: ha giocato a calcio per qualche anno a livello amatoriale, poi un pò di corsa in montagna e nel 1989, a 25 anni si è avvicinato alla mountain bike cominciando a pedalare per curiosità. Visto che anche con poco allenamento andava già benino in bici, l’anno dopo ha partecipato alla prima gara, la Speedylonga, con la maglia del Longoni Sport MTB.

Prima gara Speedylonga 1990, cosa ricordi del tuo debutto?
“Sono passati tanti anni … La Speedylonga era la manifestazione che ogni autunno chiudeva il calendario nazionale della disciplina. Fu quella la mia prima partecipazione ad una gara, sono partito senza sapere se e come l’avrei finita. Da allora è scattata la molla della passione e non mi sono più fermato!”

In tutti questi anni secondo te cosa è cambiato nell’ambiente delle gare amatoriali?
“Secondo me nei primi anni 90, gli anni pionieristici della mountain bike, era tutto molto più casareccio, l’ambiente era affascinate e il clima sembrava più quello di una grande festa paesana. Adesso è tutto più professionale, le mountain bike hanno visto notevoli sviluppi, prima erano meno sofisticate, sono cambiate la preparazione atletica e i percorsi di gare, insomma il nostro sport ha avuto una grossa evoluzione”

Per tanti anni hai inseguito il titolo tricolore che finalmente hai raggiunto lo scorso anno è stato il traguardo della tua lunga carriera?
“Diciamo che lo scorso anno è stato un anno buono con 13 vittorie, il circuito Santa Cruz, il Campionato Provinciale Marathon e poi il titolo italiano cross country. Il tricolore l’ho proprio cercato e preparato, è stata una gara difficile su un percorso molto impegnativo, siamo rimasti in cinque fino all’ultimo giro nella lotta del il podio, poi nel finale in due e nell’ultimo strappo ho forzato, portando a casa la maglia tricolore. Direi che era il traguardo che speravo di ottenere prima di smettere di fare agonismo, però se arrivasse ancora qualche altra bella soddisfazione prima di smettere, non la butto di certo via”

C’è una gara delle ultime che hai effettuato che invece ti ha deluso?
“Ma non saprei dire una gara, forse la Gimondi Bike dello scorso anno è quella che ricordo meglio visto che è una delle più recenti. Mi ha lasciato un pò l’amaro in bocca non tanto per il risultato sportivo, ma per la mancanza delle premiazioni per categoria, inesistenti per noi amatori“

Lo scorso anno hai fatto anche un paio di gare in linea, vincendo la categoria alla Marathon Bike della Brianza e sei salito sul podio alla Gimondi Bike, cosa si prova a 56 anni battere atleti che hanno la metà dei tuoi anni?
“Ogni anno mi piace fare qualche granfondo e poi la Marathon Bike si può dire che è la gara di casa, visto che si disputa sui sentieri che di solito percorro in allenamento. Sinceramente non ci ho mai pensato, ma comunque quando arrivi davanti a quelli più giovani, capisci che gli allenamenti fatti sono serviti e che con la determinazione si possono raggiungere ancora certi risultati”

Fotografia © MTB Channel

Come si tiene a questi livelli un amatore della tua età?
“Non vi sono segreti particolari se non dei semplici dettagli che si conoscono bene ma che spesso vengono sottovalutati. Non faccio niente di particolare, cerco solo di fare uno stile di vita sano e poi allenandomi quasi tutti i giorni riesco a mantenermi in forma”

Se dovresti incentivare un giovane nell’intraprendere questa attività, cosa gli diresti?
“Gli direi che la mountain bike e il ciclismo in generale, sono uno sport bellissimi anche perché ti fanno capire che nella vita se vuoi ottenere dei risultati ti devi impegnare. Di immergersi nella natura per provare ad apprezzare le magnifiche sensazioni che si pedala in montagna o nel verde più assoluto”

Quest’anno sei passato a Pavan Free Bike: pareri e impressioni
“Cosa dire, come società la conosco da sempre, anche se l’ho sempre vista da fuori. Ora che ne faccio parte, ho avuto la conferma che quello che intuivo vedendo la squadra alle gare è una realtà, questo è un team molto organizzato ed affiatato, anche se per me è ancora tutto da scoprire. Visto il periodo che stiamo vivendo, il poco tempo passato insieme conferma quanto immaginavo di trovare”

Alberto Riva … Laureato a Genova, Campione del Mondo in Canada

Alessandrino di Acqui Terme, scopre la bici da giovanissimo crescendo in una famiglia di appassionati delle due ruote. Il ricordo più bello da Elite è quello di aver avuto come compagno di squadra Mirko Celestino, nel mondo amatoriale il suo è stato un crescendo, fino all’oro mondiale del 2019 in Canada.

Con due titoli italiani nella mountain bike, uno nel ciclocross e un’oro mondiale nella mountain bike, un’impresa a cui pochi corridori si sono mai avvicinati, Alberto Riva è uno degli amatori italiani più in vista. Non sono solo le classifiche delle gare nazionali a dirlo, ma anche un lungo palmares e la maglia iridata che ha portato in dote con l’arrivo nell’inverno a Pavan Free Bike, con l’obiettivo di difenderla e di provare a vincere anche il titolo europeo.

Tutto è cominciato ad Arquata Scrivia, dove Alberto è cresciuto. Il borgo posto a metà strada tra Alessandria e Genova, al confine con la Liguria, è stato la base di partenza per il suo primo sport, la pallavolo che Alberto ha praticato fino a 11 anni, anche se allora aveva già un’altra passione, fare dei giri in bicicletta con suo papà. Crescendo in una famiglia di appassionati delle due ruote, Alberto partecipa come cicloturista insieme al padre alle prime gare di mountain bike organizzate tra la Liguria e il Piemonte. Quando aveva 17 anni, su invito di un amico si iscrive alla sua prima squadra ciclistica, il Racing Team La Bici, la squadra del suo paese, con cui partecipa alle prime gare con spirito agonistico.

Negli anni successivi la passione e la voglia di avvicinarsi ai migliori della categoria, spingono Alberto a partecipare a competizioni di livello sempre crescente e nel 2002 passa in una squadra genovese, il Bike O’Clock Casaccia con cui partecipa alle prove degli Internazionali d’Italia, vincendo le sue prime gare nazionali proprio a Genova e a Monticello Brianza.
Nel 2003 tenta il passaggio tra gli Under 23, ma è solo una breve parentesi, l’anno dopo torna a correre tra gli amatori e vi resta fino al 2008, collezionando alcune vittorie nazionali, il terzo posto nel Campionato Italiano XCO 2007, il quarto nel 2006 e due quinti posti ai Campionati Italiani Cross Country e Marathon.

Nel 2008 con il Racing Team Dayco riprova il salto nella categoria Elite per il piacere di gareggiare insieme ai migliori, nel frattempo laurea a Genovo in Ingegneria Biomeccanica e poco dopo inizia il suo percorso professionale. Le successive due stagioni sono con il Bike O’Clock PDB, poi nel 2011 ha la soddisfazione di far parte del team Semperlux Axevo Haibike, la squadra di Mirko Celestino, in cui cerca di farsi valere ed imparare il più possibile. Nel 2013 Alberto decide concludere l’esperienza tra gli Elite e torna fra gli amatori per competere con chi fa una vita simile alla sua, ma anche per potersi giocare le prime posizioni di categoria e soprattutto la classifica assoluta. Man mano che passano gli anni l’asticella degli obiettivi si alza sempre più e arrivano i successi, quelli belli e gratificanti: due ori (2018, 2019) e 4 argenti (2013, 215, 2016, 2017) ai Campionati Italiani XCO, il terzo posto al Campionato Italiano Marathon 2013, il titolo tricolore ciclocross del 2015 e 2 argenti (2016, 2018), fino allo splendido oro canadese ai Mondiali Masters 2019, preceduto dall’argento 2018 in Spagna e dal bronzo 2016 in Val di Sole

Alberto, due volte Campione Italiano e lo scorso anno Campione del Mondo, a cosa pensavi quest’anno?
“L’obiettivo era cercare di difendere al meglio i titoli e puntare ad un risultato anche ai Campionati Europei Masters, ai quali non ho mai partecipato. Le cose hanno preso una piega diversa e non si sa di preciso come andranno, vedremo..”

Chi ti senti di ringraziare per i traguardi raggiunti?
“Devo ringraziare tante persone: i miei genitori che mi hanno seguito e supportato da sempre, la mia compagna Marlen che mi segue a livello di massaggi e alimentazione, il Racing Team La Bici e il Bike O’Clock che ho sempre potuto vedere come delle seconde famiglie, anche adesso che le nostre strade si sono divise.
Non posso dimenticare il mio storico amico e compagno di squadra, Carlo Bruzzone, che tra l’altro mi ha convinto lo scorso anno a partecipare ai mondiali in Canada, ai quali non volevo andare in quanto prendo poco volentieri l’aereo”

Fotografia © Mathieu Bèlanger

La stagione era cominciata bene con la vittoria a Campochiesa, come immagini i prossimi mesi e la possibile ripresa delle attività?
“Si, diciamo buona la prima! Onestamente non mi stupirei se la maggior parte degli eventi fossero riservati alle sole categorie agonistiche ma è difficile dirlo. Non possiamo fare altro che aspettare e nel frattempo goderci la libertà che la bicicletta ci offre”

Molte persone dicono che hanno valorizzato questo periodo di tranquillità godendo di cose che normalmente non riescono ad apprezzare. Come hai gestito il lockdown?
“Per mia fortuna ho potuto lavorare da casa, senza perdere una giornata di lavoro. Per il resto ho proseguito gli allenamenti sui rulli cercando nuovi stimoli. La sensazione più bella comunque è stata uscire ad inizio maggio e respirare nei boschi l’aria della primavera inoltrata”

Quale è stato il feedback con Pavan Free Bike in questi primi mesi?
“La squadra mi ha messo a disposizione un ottimo mezzo ed il materiale per fare bene. Per quanto ho potuto vedere l’organizzazione del team è veramente molto buona e non sembra di essere in una squadra di amatori. Mi spiace non aver ancora potuto condividere con i compagni qualche bella trasferta o allenamento collettivo”

Sei tra i più forti amatori italiani con un passato nella categoria Elite, hai mai ricevuto offerte per tornare correre tra i professionisti?
“A dir la verità no, anche se a volte mi viene la pazza idea di tesserarmi nuovamente Elite e tornare a prendermi delle belle legnate!”

Che cosa ami di più della mountain bike? E cosa avresti fatto se non avessi corso?
“Mi piace la soddisfazione che deriva dalla fatica e allo stesso tempo l’emozione che ti regala una discesa tecnica. Se non avessi corso in bici avrei comunque fatto uno sport individuale competitivo, quando le cose non vanno bene te la puoi prendere solo con te stesso e non rischi che qualcuno ci resti male. Del resto ho sempre avuto la competizione nel sangue, fin da quando mi cronometravo tornando a casa di corsa dalle scuole elementari”

Maurizio Brambilla e Carlo Bruzzone … Che coincidenza il 1997 !

Il veterano di Pavan Free Bike e uno dei nuovi arrivati del 2020 si raccontano. Dopo 23 anni nelle corse, non sono stanchi, anzi continuano a divertirsi come quel giorno del 1997, quando misero per la prima volta il numero sulla bicicletta.

Maurizio Brambilla, lombardo, Carlo Bruzzone, ligure, Master 5 il primo, Master 2 l’altro, “Mao” da dieci anni in Pavan Free Bike, Carlo nuovo arrivo del 2020 … cosa hanno dunque in comune? Il 1997 … l’anno in cui entrambi hanno fatto la prima gara. Due personaggi diversi, due storie diverse, due esperienze diverse, in questa duplice intervista emergono le differenti opinioni di due ciclisti amatori di cui sarebbe impossibile immaginare la loro vita senza la mountain bike.
Non necessariamente per loro il risultato è l’obiettivo primario, lo sport rappresenta tempo libero, hobby e passione allo stesso tempo, inoltre, ci sono la famiglia, gli amici e il lavoro, in un’avventura lunga più di vent’anni, ognuno con le sue motivazioni insegue ancora dei traguardi soggettivi.


Maurizio Brambilla … Bio
Classe 1969, lecchese di Verderio Inferiore, Verdé de Sot in dialetto brianzolo, Maurizio Brambilla non ha un palmares sportivo ricchissimo, ma per lui il richiamo per la mountain bike è ancora forte. Superati i 50 anni, è uno dei veterani della mountain bike che ha avuto sin da bambino la passione per la bicicletta, ma fino ai 15 anni il suo interesse si è rivolto all’atletica leggera. Poi, complice un battibecco con il suo allenatore dell’epoca, ha appeso al chiodo le scarpette, fino alla scoperta della mountain bike ai primordi di questo sport, nel 1997.
Una scommessa fatta con un’amico, portare a termine i 54 Km della Marathon Bike della Brianza con soli 15 giorni di allenamento lo vede al via della classica brianzola, ma nulla lasciava prevedere che ciò potesse scrivere il suo futuro sportivo. Non solo Maurizio vinse la scommessa finendo la gara in 347ª posizione su 920 arrivati, l’esperienza fu subito entusiasmante e l’innamoramento con la mountain bike fu totale.

Da quel momento in poi non passò giorno che Brambilla non abbinasse lavoro a sport e tempo libero, iniziando a gareggiare e da allora, non si è più fermato. Ha corso i primi anni nel Team Biciaio per poi passare al Team Alba Orobia Bike e quindi dopo una breve parentesi con il Lissone MTB, finalmente, dal 2010 con la maglia Pavan Free Bike.

Maurizio, hai idea in quante gare hai gareggiato da quella scommessa alla Marathon Bike della Brianza?
“Ho iniziato con la mountain a 28 anni e ho scoperto la mountain bike ai primordi di questo sport, da allora penso di aver fatto almeno 400 gare, se ci ripenso mi sento datato, ma quando metto il casco e salgo sulla mia bici non ho più età. In tutti questi anni qualche bella soddisfazione me la sono levata, qualche campionato provinciale e qualche vittoria le ho portate a casa e, non è ancora finita”

Sei un veterano della mountain bike che interpreta con genuina passione la filosofia amatoriale, cosa significa questo sport per te?
“Beh, questo sport per me significa libertà, vedere il mondo scorrere a misura d’uomo, conoscere sempre nuove persone, la bici avvicina le persone e crea nuove amicizie. Ormai dopo tanti anni passati in sella non c’è gara in giro per il Nord Italia o uscita in solitaria, dove non incontro almeno una persona che conosco”

Sono dieci anni che sei con Pavan Free Bike, sei proprio affezionato a questo team?
“Ormai sono veramente tanti anni che faccio parte della squadra, mi sento a casa, questa per me è come una seconda famiglia. Nella squadra si respira un’atmosfera familiare cominciando dal nostro papà adottivo Antonio che posso solo ringraziare per tutto quello che fa per noi, per poi passare a Claudio, semplicemente spaziale, una vera macchina da guerra quando siamo sui campi gara e anche quando non corriamo, per finire con i compagni con i quali c’è un ottimo rapporto di amicizia, anche se vanno troppo forte e li invidio un pochino …”

Fotografia © Enrico Andrini

Qual è il tuo hobby preferito quando non pedali?
“Oltre alla bici mi piace molto la fotografia, quando riesco, tra i mille impegni, prendo la mia reflex e parto”

Quale sarà il tuo obiettivo al rientro nelle gare?
“Ovviamente arrivare più in alto possibile nelle classifiche per cercare di ripagare al meglio chi ci permette di gareggiare in totale tranquillità, ma anche per ripagare chi da ormai tantissimi anni mi supporta, e soprattutto sopporta, mia moglie e mia figlia. Comunque vada il motto è sempre quello “never give up” … e prima o poi i sogni vedrete che si avvereranno”

Carlo Bruzzone … Bio
Anche per Carlo Bruzzone, 38enne genovese di Masone, la storia ciclistica inizia nell’estate 1997, appena finito il campionato di calcio disputato da Carlo nelle giovanili del GC Masone. Incuriosito da una gara di mountain bike organizzata nel suo paese, Carlo non è rimasto a lungo un semplice spettatore e compiuti i 16 anni, si è gettato nella mischia e da li in avanti gare su gare, soprattutto nel basso Piemonte e in Liguria, affrontate con molto spirito d’avventura.
Con il tempo prende il sopravvento lo spirito competitivo e nel 2008 arrivano le prime vittorie, così l’anno dopo passa nella categoria Elite, senza cogliere però molte soddisfazioni. La parentesi è breve, nel 2010 si sposa, ci riprova nel 2012 ma con scarsi risultati.
Bruzzone l’anno dopo torna a correre tra gli amatori, disputando prima le gare in circuito e alcune granfondo, ma il suo obiettivo si rivolge al 2016, disputa a Courmayeur un buon Campionato Italiano, chiuso in 12ª posizione, e si proietta al vero target della stagione, il Campionato Mondiale Masters in Val di Sole che però non riuscirà a disputare, la sua stagione termina in una gara della Coppa Piemonte, dove si frattura il femore destro.

Risale in bici, pronto a ricominciare e finalmente riesce a correre il Mondiale 2017 disputato in una giornata di pioggia a Vallnord, nel Principato di Andorra.
Nel 2018 gli obiettivi sono Mondiale e Italiano, corre il primo con gli strascichi dell’influenza del giorno precedente e nel secondo chiudo ottavo, forse una delle migliori gare della sua vita. 2019 storia recente con fattori invertiti, non brilla nella prova tricolore di Chies d’Alpago, ma sorride in Canada, gestendo bene dall’inizio alla fine la prova mondiale, dove termina decimo.

Carlo, torniamo indietro di qualche anno e ripensa alla tua prima gara, cosa ti ricordi di quella giornata?
“A scatenare tutto è stata l’ammirazione che nutrivo per un mio vicino quando l’ho visto in azione nella gara del mio paese, dove corse da protagonista. Qualche giorno dopo mi sono presentato al suo garage dove faceva manutenzione della bici e gli ho chiesto di portarmi con lui alla gara successiva. In una domenica da lupi, ho debuttato alla gara/raduno del Passo del Faiallo, nebbia bassissima, vento a raffiche, freddo, pietre bagnate e percorso tecnico, una tragedia, sono caduto più volte, mi sono anche perso, ma sono arrivato al traguardo. Quel giorno è nato il mio sogno, eguagliare il mio mentore che aveva partecipato ad un Mondiale Master a Matabief e quindi, nella mia testa, passati i 30 anni, l’obiettivo era quello di andare al Mondiale”

Se non sbaglio la tua prima gara “seria” è stata la Rampilonga 1997, ci racconti gli aneddoti?
“Quell’anno si correva ancora il percorso vecchio che arrivava a Paneveggio, terminata la mitica salita del Lusia si scendeva nella valle dietro e a quel punto dovevi per forza pedalare fino al traguardo, non ci si poteva ritirare. Con tre mesi di allenamento nelle gambe e senza aver mai fatto 40 km in vita mia, sono partito nelle retrovie con il pettorale 2966. Fu una giornata interminabile, 4 ore e 30 in bici, arrivai distrutto, ma realizzato nello spirito”

In quante gare hai gareggiato finora?
“In realtà superato il centinaio ho smesso di contarle. Dal ‘98 i primi anni facevo una media di 30 gare l’anno, dal 2009 molte meno, fino al 2012 quando ho scoperto il ciclocross e in numero è di nuovo salito, comunque non più di 25 gare l’anno”

Nel 2012 hai avuto un incidente mentre gareggiavi in Piemonte. Le conseguenze sono state piuttosto serie, dopo la guarigione, quando ti sei rimesso il casco per la prima volta, cosa hai provato?
“Una sensazione molto particolare. Le conseguenze fisiche dopo la scivolata sono state davvero pesanti, frattura sottopertrocanterica del femore destro, la gamba è rimasta più corta dopo l’operazione e avevo tanti dubbi. Sono risalito in bici ancor prima di abbandonare le stampelle, perché in sella non avevo dolori e fastidi e mi sentivo davvero libero. Non potevo fermarmi senza almeno provare, ho ripreso a pedalare poi tutto ha preso la giusta piega”

Nel 2009 ti sei trovato in squadra con Alberto Riva e da li il vostro percorso sportivo è stato comune. E’ un binomio così consolidato il vostro?
“Con Alberto abbiamo iniziato a correre più o meno nello stesso periodo e nelle stesse gare, quindi ci si vedeva sui campi di gara, ma per me era un amico/rivale come altri. Nel 2009 mi hanno proposto di passare nel suo team come Elite e l’offerta era irripetibile, firmai al volo, da li in avanti trasferte assieme, qualche allenamento e soprattutto un’amicizia che si è stretta fino ad essere quasi come fratelli. Spesso sono io il suo traino per programmare trasferte importanti e lui mio consigliere sulle strategie di gara”

Nel 2020 avete deciso di passare in Pavan Free Bike, per quanto ti riguarda cosa ti aspetti da questo cambiamento?
“Nella trasferta canadese ci siamo trovati a chiedere aiuto agli italiani presenti per un problema di pass per i box e abbiamo conosciuto Claudio. E’ scattata una molla e l’idea di approdare in un team importante e blasonato come Pavan Free Bike mi ha entusiasmato da subito. Avere alle spalle persone serie che ti permettono di concentrarti solo sulla gara è importante e accresce la voglia di mettersi in gioco”

D’inverno, lasciata la mountain bike in garage, gareggi nel ciclocross, è proprio impossibile per te stare fermo?
“Si è impossibile devo trovare sempre qualcosa da fare, stare a casa non è contemplato per ora. Ho iniziato per scherzo con il cross per allenare il ritmo e la tecnica di guida, poi non ho più smesso. Principalmente mi concentro su dei circuiti nella mia zona con la partecipazione ai Campionati Italiani”

Siamo tornati ad allenarci in bicicletta, gli spostamenti tra le regioni si sono aperti, hai una sensazione di quando potrete tornare di nuovo a correre?
“Realisticamente la vedo un pò dura, perché credo che il protocollo per chi organizza le gare complicherà parecchio le cose, fino a quando non verranno chiarite le indicazioni necessarie. Nel mio piccolo, per diversi anni ho organizzato una gara XC nel mio paese e collaboro tuttora con il circuito regionale ligure con una gara di ciclocross, quindi sono a conoscenza delle problematiche per l’organizzazione di un evento, tra richieste e permessi vari uno perde la voglia. Comunque spero si possa riprendere presto a correre, perché gli obbiettivi sono fissati anche se senza data!”

Andrea Palerari e Riccardo Capiaghi … dal calcio alla mountain bike

Sono stati calciatori, poi hanno appeso le scarpette al chiodo per correre in mountain bike. Andrea Palerari e Riccardo Capiaghi si raccontano: mettersi il numero sulla schiena alla ricerca di un podio di categoria è uno dei loro obiettivi.

In Pavan Free Bike c’è posto per tutti, per il campione, ma anche per chi non ha l’obiettivo di portare i propri colori sul podio delle classifiche, ma condivide e coltiva la medesima passione per il mondo delle due ruote. Ognuno ha le sue motivazioni i propri obiettivi, Andrea e Riccardo corrono per il proprio piacere, per divertimento, per passione, per mettersi alla prova prima di tutto con se stessi. Come la maggioranza dei ciclisti amatoriali, Andrea Palerari e Riccardo Capiaghi si definiscono ciclisti medi, quelli che gareggiano senza avere necessariamente il risultato come obiettivo primario, che si buttano nella gara per il puro gusto di godere dallo spirito agonistico, quelli che pur non avendo mai colto grandi piazzamenti, sono consapevoli dell’importanza delle gare a cui partecipano, per stare con gli amici.

Andrea Paleari …. Bio
Nato nel 1989 a Carate Brianza, ma ha sempre vissuto a Sovico, Andrea Paleari, fin da piccolo ha sempre amato stare all’aria aperta e il contatto con la natura, due aspetti che lo hanno accompagnato anche nelle scelte scolastiche e lavorative, ha studiato agraria e ad oggi come libero professionista svolge l’attività di Dottore agronomo.
Il suo primo sport è stato il minibasket, che ha praticato però per solo un anno perché poi la voglia di correre e stare con gli amici in un campo da calcio è diventata troppo forte. Dopo 11 anni tra oratorio e Sovicese, Andrea ha sentito che era arrivato il momento di cambiare qualcosa e ha iniziato ad andare in mountain bike nei boschi, esplorando la Brianza. L’incontro nei boschi di casa con dei ragazzi del G.S. New Bike di Seveso è stata la scintilla che ha iniziato il suo percorso agonistico in sella alla mountain bike.

Andrea, ti ricordi quale è stata la tua prima gara e come è andata?
”Certo che me la ricordo, ci ho messo tre giorni per riprendermi … Gimondi Bike 2007, praticamente senza la minima consapevolezza ho deciso di provarci, sono riuscito a terminare la gara anche se avevo crampi ovunque, una vera mazzata, ma appena finita la gara, ho subito percepito che avevo voglia di farne un’altra e così non ho più smesso”

Sei dal 2017 in Pavan Free Bike, quanto ti rende orgoglioso trovarti in un team a fianco di Campioni del Mondo, Europei, Italiani?
”Per me è un onore correre con la Pavan Free Bike. Sono consapevole dei miei limiti, ma la possibilità di correre con i più forti mi dà stimoli. Avere in squadra campioni del genere ti fa crescere, cerco sempre di ascoltare e anche chiedere consigli sui passaggi tecnici o sulla bici e soprattutto ammiro la loro dedizione: lavorare, avere una famiglia ed essere a quei livelli è veramente impegnativo”

Fotografia Andrea Paleari © Treviso MTB

Qual è il tuo hobby preferito quando non pedali?
”Trekking in montagna, viaggi in moto e nel periodo invernale appena posso vado a sciare: snowboard o sci di fondo”

Quale sarà il tuo obiettivo al rientro nelle gare?
“Non ci penso troppo, vista la situazione ho già la testa orientata al 2021. Compatibilmente con i vari impegni, ho l’obiettivo di partecipare ai Campionati del Mondo ed Europei: sono consapevole dei miei limiti ma sarei molto felice di prendervi parte e di dare tutto”

Riccardo Capiaghi…. Bio
Nato nel 1989 a Lecco, abita a Rogeno, un piccolo paese del lecchese a pochi minuti dalle montagne e dal lago di Como. Nella vita svolge la professione di operaio, come operatore di stampa ink-jet su tessuti in un azienda vicino a casa.
Ciclisticamente ha alle spalle solo poche stagioni da agonista, avendo deciso di cambiare sport solo nel 2014, anno in cui ha lasciato il calcio, lo sport con cui ha iniziato la sua attività sportiva all’età di sei anni. Dopo aver giocato per qualche anno nella squadra di calcio del paese, passa in un affermata società della zona con la quale disputa campionati a livello regionale, disputando poi le ultime stagioni nei campionati amatoriali. Terminato di giocare a calcio, si avvicina alla mountain bike frequentando i corsi di tecnica di guida e di discesa di Giovanni Casiraghi e si tessera con il Team Spreafico disputando l’intero e circuito Orobie Cup. Nel 2016 arriva in Pavan Free Bike.

Riccardo, sei nato calciatore e ora ti trovi ad essere un biker, è successo tutto per caso?
“In famiglia non siamo mai stati appassionati di ciclismo, ma sono sempre stato un pò attratto da questo mondo, ammirando in TV le gesta dei ciclisti al Giro d’Italia e alle grandi classiche. Ho iniziato ad andare in mountain bike nel 2013 con una 26” di mio fratello, tempo qualche uscita e mi feci subito la mia bici. Il motivo del mio passaggio alla mountain bike fù l’impossibilità di conciliare i miei impegni lavorativi con gli allenamenti serali con la squadra di calcio, ma anche perché il campo di calcio iniziava a starmi stretto ed ero alla ricerca di nuove emozioni e sensazioni che i trail sapevano darmi”

Ti ricordi quale è stata la tua prima gara e come è andata?
“Mi iscrissi con un amico alla Marathon Bike della Brianza del 2014 percorso Avventura da non tesserato, ricordo che ci impiegai circa quattro ore e mi fermai diverse volte per i crampi. Non ero per niente preparato fisicamente e tecnicamente per affrontare una gara e quel chilometraggio, ma fu comunque una soddisfazione tagliare il traguardo”

Come è il Riccardo di cinque anni dopo?
“Non sono un macina gare, il mio standard è non far più di venti gare. Prediligo le gare di cross country ma non mi dispiace inserire nel calendario anche tre o quattro granfondo. Per raggiungere degli obbiettivi in uno sport individuale come il nostro, ci vogliono grande dedizione e sacrificio. Purtroppo un mio grosso limite è mentale, fattore sul quale sto cercando di lavorare per non commettere gli errori del passato ed approcciarmi agli allenamenti e alle gare in modo diverso”

Quanto ti rende orgoglioso trovarti in un team a fianco di Campioni del Mondo, Europei, Italiani?
“Per me far parte di un rooster composto da atleti di questo calibro, non può che far piacere perchè da loro posso solo imparare. Di questi campioni ammiro la determinazione e i sacrifici con cui hanno potuto raggiungere i propri obbiettivi nel corso dei tanti anni di carriera. Inoltre, bisogna anche dire che è tutta gente per bene e disposta a dare consigli e tra tutti noi, seppur abitiamo in province diverse, c’è un grande affiatamento. Parte del merito è del team manager Claudio Cossa e del presidente Antonio Pavan, il nostro primo tifoso”

Qual è il tuo hobby preferito quando non pedali?
“Quando ripongo bici e casco nel garage di casa, mi piace indossare le scarpette da trail ed andare a camminare in montagna e raggiungere le cime con una velocità e un occhio diverso di quando si è in bici. Nelle giornate di relax invece, mi piace passare momenti di svago con gli amici, leggere libri autobiografici di sportivi e mettere mano e rendere efficiente la mia Superior”

Quale sarà il tuo obiettivo al rientro nelle gare?
“Il 2020 per me, avrebbe coinciso con il passaggio di categoria nei Master 1. Se ci sarà la ripartenza dell’attività voglio farmi trovare pronto per potermi togliere qualche soddisfazione e riscattare il finale della scorsa stagione. Vorrei regalare una gioia alla società dalla quale in questi anni, ho ricevuto molto, facendomi sentire sempre parte integrante del gruppo e non facendomi mancare mai nulla. Mi auguro di poter concludere l’annata con la squadra, alla Roc d’Azur, alla quale non ho mai avuto il piacere di partecipare”

Andrea Artusi, Giuseppe Conca … due attesi ritorni

Intervista doppia ad Andrea Artusi e Giuseppe Conca. Andrea e Giuseppe sono senza dubbio dei combattenti, la loro determinazione a riprendere da dove avevano lasciato, rende piacevole per tutto Pavan Free Bike riaverli in squadra.

Entrambi della provincia di Lecco, per loro il 2019 è stato un anno non certo facile. Dopo aver gareggiato al top fino a giugno, per un grave infortunio Andrea Artusi ha concluso in anticipo la sua prima stagione in Pavan Free Bike, dopo due buone annate con la squadra di Sovico, invece Giuseppe Conca ha deciso un anno di stop per risolvere dei problemi fisici causati da una sciatalgia.

A diverso titolo quest’anno erano pronti a rientrare in squadra, per Conca era arrivato il momento di appendere il numero sulla bicicletta, mentre Artusi, smesso l’uso delle stampelle voleva seguire la squadra come assistente ai compagni in gara, in attesa di poter riprendere le competizioni. Non ci sono molte persone che possono riprendersi da dei traumi seri come ha fatto Artusi e, dopo tanta paura e sofferenza, avere voglia di combattere ancora nel gruppo.

Andrea Artusi …. Bio
Andrea Artusi, classe 1973, è un valsassinese di Pasturo, un piccolo paese a 600 metri ai piedi della Grigna Settentrionale.
Fin da piccolo ha sempre avuto una gran passione per il calcio, sport che ha praticato fino all’età di 30 anni, quando ha capito di non divertirsi più col pallone e, seguendo l’esempio di suo padre, grande appassionato di ciclismo, nel 2003 ha acquistato una mountain bike iniziando a pedalare sulle sue stupende montagne.
Si tessera con il Bike Team Valsassina iniziando a fare qualche granfondo, tra cui la mitica Rampilonga e la Gimondi Bike.

A luglio 2004, la prima vittoria nella gara in salita Pasturo – Alpe Coa, organizzata nel suo paese e per una scommessa fatta al bar con gli amici, si è dovuto fare i capelli biondi!
Tre anni dopo passa alla Corno Marco Italia, società di Lecco, iniziando a correre praticamente tutte le domeniche, con delle belle soddisfazioni, su tutte la vittoria agli Internazionali d’Italia a Nalles 2011 e la partecipazione al Campionato Italiano a Pejo Terme, in Trentino. La stagione inizia bene anche nel 2012, ma in settembre un grave incidente lo tiene a lungo lontano dalle gare.

“Tutto sembrava perfetto, ma purtroppo durante un allenamento sulla provinciale della Valsassina un’auto mi ha tagliato la strada e sono finito in condizioni gravissime nel reparto di neuro rianimazione dell’ospedale Manzoni di Lecco per i traumi riportati. Spalla, otto costole, doppia frattura al femore con un fissatore esterno sopportato per otto mesi, il rischio di perdere un polmone, dicono tutto della gravità dell’infortunio che mi ha tenuto lontano dalle gare anche l’anno successivo. E’ stata una brutta esperienza, che però mi ha fatto crescere e capire molte cose, la prima su tutte quanto io ami questo sport e di quanto ormai sia una parte di me stesso”

Nel 2014 Andrea torna in sella ma senza grandi risultati, l’anno dopo con il Team Spreafico le cose vanno meglio e conclude la stagione con la vittoria alla Alta Valtellina Bike Marathon Classic e cinque podi nelle gare di Brescia Cup e Orobie Cup. Nel 2017 passa al Team Oliveto dove in due stagioni vince per due volte il circuito Orobie Cup e nel 2018 Brescia Cup, in una stagione bellissima conclusa con ben 9 vittorie e il bronzo mancato per poco al Campionato Italiano XCO di Pila.
Poi l’incontro con Claudio, il responsabile di Pavan Free Bike e dalla scorsa stagione indossa la prestigiosa maglia bianco rossa con cui gareggia per quattro mesi, fino alla gara di Sormano dove in una caduta ha riporta la frattura del femore destro.

Il 2019 è stata una stagione incompiuta la tua, cosa ti è rimasto delle gare disputate?
“Purtroppo la mia stagione è durata solo quattro mesi in cui sono comunque riuscito a condividere con la squadra dei bei momenti e delle vittorie, tra cui quella di Lugagnano”

Quali ritieni sia stato il tuo miglior risultato nella mountain bike e perché?
”Beh, vincere a Nalles è una soddisfazione unica, ma la vittoria più bella e significativa sarà sicuramente la prossima, la prima al mio rientro”

Lo scorso anno sei stato vittima di un grave infortunio e non è stato il primo, è stato difficile riprendersi?
“Lo scorso anno il 30 giugno in gara a Sormano mi sono fratturato nuovamente il femore destro e l’intenzione di mollare tutto è affiorata, ma è durata poco. Tra sofferenza, dubbi e paure, con tanto impegno e determinazione e il sostegno di tutta la mia famiglia mi sono ripreso alla grande”

La grande domanda è: sei pronto per le gare?
”Quest’anno, con ancora le viti nel femore, l’intenzione era quella di seguire i ragazzi per fare assistenza e tornare a gareggiare nel 2021, ma purtroppo, per loro la stagione non è mai iniziata”

Cosa ti piace davvero in Pavan Free Bike?
“La passione smisurata del presidente Antonio, l’impegno continuo di Claudio per organizzare tutto e mettere i corridori in condizioni di pensare solo a correre. Noi dobbiamo solo pedalare e pensare a festeggiare, visto che con tutti questi campioni in squadra le occasioni non mancano di certo!”

Giuseppe Conca …. Bio
Sin da bambino lo hanno sempre appassionato gli sport da combattimento che ha praticato fino a 26 anni, poi nell’ultimo anno di pugilato ha deciso di lasciare le palestre per pedalare nei boschi in sella alla mountain bike. Dopo le prime gare, per Beppe arriva il momento in cui deve prendere una decisione su continuare ad essere un numero e correre per hobby o se avanzare verso le posizioni prestigiose delle classifiche. Beppe ha scelto di continuare a concentrarsi sul suo futuro agonistico e la sua dedizione ha dato buoni frutti, maturando con l’esperienza. Nel 2017, il biker di Olginate è arrivato in Pavan Free Bike, disputando due ottime stagioni.

“Mi ricordo che a Sellero, dopo una gara di Brescia Cup 2016, venni avvicinato da Claudio, il manager del team che mi propose di entrare in squadra l’anno seguente, non ci credevo!” – racconta Conca – “ Una squadra vera!! Non sapevo cosa aspettarmi, avevo paura di non essere al altezza, ma ero anche entusiasta dell’offerta ed ho accettato”

Partito in sordina, all’ottava gara, a Sellero, Conca ha raggiunto il suo primo podio della stagione e la settimana dopo con il quartetto di Pavan Free Bike ha portato a Sovico il titolo tricolore del Campionato Italiano Team Relay. Un mese dopo, al suo primo Campionato Italiano XCO, ha disputato una gran gara, concludendo al quarto posto.
Il 2018 è partito molto meglio, nonostante un dolore sciatico che gli ha reso la vita davvero difficile. Giuseppe ha sofferto, ha stretto i denti ed è riuscito ad avere la soddisfazione di vincere il titolo regionale XCO, ma ha anche provato una grande delusione al Campionato Italiano di Pila.

”Già quando siamo andati a provare il percorso mi sono reso conto che all’altitudine di Pila non esprimevo il 100% delle mie possibilità. Il percorso era il più bello mai provato prima, sono partito bene ma ho capito subito che non avrei potuto ottenere un buon risultato. Faticavo a respirare, al secondo giro non ci vedevo quasi più e dopo diversi errori ho deciso che era meglio ritirarmi. Mi è dispiaciuto davvero tanto, sopratutto per la squadra a cui mi sentivo dover riconoscenza per tutto l’impegno che ha messo nei miei confronti”

Dopo l’italiano andato storto, Conca ha perso la concentrazione e le ultime gare di stagione non sono state un gran che, si è rifatto alla Roc d’Azur, portando a casa un ottimo 77° posto assoluto.

Il 2018 è stata la tua miglior stagione in Pavan Free Bike, poi ti sei preso una pausa nel 2019, quest’anno eri pronto a tornare in squadra?
“Nel 2019 ho preferito sistemare per bene i miei problemi fisici e non me la sono sentita di prendere degli impegni, sarebbe stato poco corretto verso la squadra. Il 2020 voleva essere l’anno in cui tornare a gareggiare e dare il mio contributo al top team di quest’anno, sto solo aspettando che esca un calendario realistico”

Cosa ti manca di più dei tuoi giorni di gare?
”Sicuramente l’adrenalina delle gare e la soddisfazione a fine gara”

Quale ritieni sia stato il tuo miglior risultato nella mountain bike e perché?
“Penso le due maglie regionali 2015 Marathon è 2018 XCO. Sono state due giornate perfette in cui non ho sbagliato nulla, comunque su tutte il regionale XCO è stato combattuto sudato e meritato. Davvero una grande soddisfazione!”

Raccontaci una storia divertente dai ricordi dei tuoi giorni di corsa?
”La cosa più simpatica è il nostro presidente, Antonio Pavan. Ad ogni gara è una festa, si trova sempre una scusa per affettare salami e stappare bottiglie di vino, a me questa cosa è sempre piaciuta. La festa di Antonio, la sua voglia di divertirsi e tifare per i suoi ragazzi che ovviamente per lui sono i migliori su tutti !!”

Quali sono stati i tuoi punti di forza e le possibili debolezze che senti di avere durante i tuoi giorni di gara?
”Debolezze, forse il fatto che talvolta non riesco a cogliere il divertimento ma ci metto troppo la testa, mentre quando prendo le cose per puro divertimento ottengo anche i risultati!”

Cristian Vaira: bici e montagna, che passione!

Nato e cresciuto tra le montagne della Valcamonica, la gente di Ono San Pietro era abituata a vederlo scalarle, ma negli ultimi anni ha sorpreso un pò tutti anche con la mountain bike. Il suo obiettivo per quest’anno rimane il titolo tricolore.

Dopo aver mancato il titolo tricolore l’anno scorso, Cristian Vaira è arrivato alla stagione 2020 con molti propositi sfortunatamente il blocco dell’attività gli ha messo i bastoni tra le ruote, ma ora non vede l’ora di ricominciare la stagione e mostrare di cosa è capace.
La sua passione per la mountain bike è iniziata una decina di anni fa con dei giri insieme agli amici sulle montagne della Valcamonica e piano piano è cresciuta, spingendolo in continue sfide verso se stesso e traguardi che immaginava impossibili. Che la mountain bike sia diventata un elemento importante della sua vita, Cristian lo ha capito quando ha iniziato a fare le gare, riuscendo ad ottenne subito buoni risultati.

Per questo ragazzo di Ono San Pietro, nato e cresciuto ai piedi del Monte Concarena, la motivazione viene prima di tutto, la sua passione è semplicemente salire le montagne che ama profondamente, scalandole o pedalando sui loro sentieri, per regalarsi esperienze uniche e meravigliose, eccola, la sua ricetta di serenità.

All’inizio della tua avventura sportiva in mountain bike ricordiamo le tue prime vittorie nelle gare di Brescia Cup del 2015, come è andata in seguito?
”Nel 2015 ho vinto la mia prima gara ad Agnosine e a fine anno la classifica generale del circuito per la categoria Elite Sport 1. Sinceramente è stata un pò una sorpresa anche per me, così ho voluto provare a fare gare più importanti, come la Gimondi Bike e l’Alta Valtellina Marathon concludendole in ottima posizione. Tutto questo mi ha dato delle motivazione extra ad impegnarmi sempre di più per raggiungere un buon livello ed essere tra i migliori corridori”

Dopo alcuni anni con una società della Valcamonica sei arrivato in Pavan Free Bike, come hai preso questa decisione?
“Le mie prime esperienze nelle gare sono state con l’A.S.D. Sellero Novelle e dopo due anni, nel 2018, ho avuto l’opportunità di entrare in una società di alto livello come Pavan Free Bike per provare a migliorare ancora e soprattutto per provare altre bellissime esperienze. Mi ricordo che venni contattato al termine della gara del Campionato Italiano a Genova dal responsabile degli amatori della squadra, Claudio, dopo che mi aveva visto condurre un ottima gara, che conclusi però al quinto posto. Per me quella era la prima partecipazione al Campionato Italiano e posso dire che da allora, gli anni successivi nella squadra sono stati fantastici”

Lo scorso anno l’emozione di vincere il titolo italiano Team Relay, te lo aspettavi?
“L’anno scorso la vittoria del Campionato Italiano Team Relay stata un’esperienza davvero particolare, le emozioni che si provano in gare di quel livello sono straordinarie, soprattutto perché in una gara dove tutto nella squadra deve essere perfetto per arrivare alla vittoria, l’emozione è stata davvero unica e allo stesso tempo condivisa appieno con i tuoi compagni di squadra. Le aspettative della vittoria erano abbastanza concrete perchè sapevamo di presentarci con una squadra davvero di alto livello”

Bene, abbiamo parlato di passato e presente… parliamo del futuro di Cristian. A cosa ambisci?
“Dopo la bellissima stagione 2019 dove ho corso 32 gare tra mountain bike e strada, con cinque vittorie, tanti podi e altri bellissimi piazzamenti, miro a migliorare ancora di più il mio livello. Sicuramente il mio obiettivo principale per il futuro sarà quello di cercare la vittoria nel Campionato Italiano individuale che l’anno scorso ho sfiorato”

Vivi così profondamente le tue passioni che le esprimi anche con i tatuaggi, quanti ne hai?
“Le mie passioni sono tutto, la passione per la bici e la grande passione per la montagna. Direi che questi due grandi amori sono legati dato che quando esco in bici scalo anche le montagne, è una sfida continua con me stesso e i miei limiti. Ho due tatuaggi dedicati alle mie passioni, uno con la bicicletta e l’altro con l’immagine di una cima che nel mio immaginario è la prossima da scalare”

Hai una gara preferita in particolare?
“Una gara preferita in particolare non c’è l’ho, ma ho un alcune gare che mi hanno trasmesso emozioni uniche, come la Roc d’Azur in Francia e ancora di più i tre Campionati Italiani che ho fatto. Ho un bellissimo ricordo della mia prima esperienza a quello di Genova, dato che era il mio primo episodio tricolore e con questa sicuramente anche quelli di Pila e di Chies d’Alpago, sono state gare uniche che ricorderò a lungo”

Fotografia © MTB Channel

Cosa c’è di più impegnativo in ciò che fai?
“In tutto ciò che faccio penso che la cosa più impegnativa sia mantenere sempre un ottimo livello di preparazione per tutta la stagione, anche a livello mentale. Ho visto che lavorando in modo corretto e affrontare anche gli allenamenti più impegnativi con una buona dose di passione, si riesce a gestire tutto bene e ottenere grandi soddisfazioni”

Cos’è la cosa che più ti infastidisce in questo ambiente?
“Nel nostro ambiente quello che mi da più fastidio è il sospetto che ci siano atleti che fanno uso di sostanze illecite, sapendo che il settore amatoriale sia poco controllato e quindi barare passa come un rischio relativo.
Io trovo questa cosa un scorrettezza, un comportamento disonesto che getta ombre su un mondo dove alla fine tutti corriamo per divertirci e per passione”

Karin Tosato … Mi piace correre perché ho ancora degli obiettivi da raggiungere

Karin Tosato è una delle donne della mountain bike, la sua passione è di lunga durata e ha superato momenti difficili. Una carriera lunghissima e non certo tutta in discesa, ma il 2019 per la biker varesina è stato davvero un anno speciale.

Le Women’s Stories di Pavan Free Bike continuano e questa volta è Karin Tosato a finire sotto i riflettori. La bici le regala grandi emozioni a partire dall’ansia pre gara, fino all’inno che in qualche occasione suona per lei, in una continua sfida con se stessa per fare sempre meglio, guardando le avversarie più forti che diventano un obiettivo da raggiungere e superare.

Karin Tosato, varesina di Cuasso al Monte, ha iniziato a pedalare e a praticare diversi sport sin da piccola, perché i suoi genitori avevano compreso l’importanza dell’attività fisica: nuoto, mini basket, Judo agonistico per otto anni, poi nel 1995 la prima gara nell’MTB Varese il giorno del suo 16esimo compleanno, la Granfondo Orsa Cup.
Nel 1996 affronta il primo anno da Junior nella Klein Modolo con cui corre il Campionato Europeo a Bassano del Grappa, l’anno dopo con la vittoria del titolo italiano e regionale Karin si guadagna la convocazione in nazionale per il Campionato Europeo di Silkeborg in Danimarca e per il Campionato del Mondo a Chateau d’Ax in Svizzera.

Nel ‘98 è il momento del passaggio nella categoria Elite, un salto non indifferente che coincise con la maturità e con pochi risultati. L’inizio dell’attività lavorativa non consente a Karin l’impegno ad alti livelli, così torna sui suoi passi e si dedica a gare di secondo piano.

La situazione prende una piega differente dal 2005: come regalo di matrimonio suo marito le fa trovare una bici da strada, così riprende ad allenarsi, seguita da quello che tuttora è il suo preparatore attuale, Saverio Ottolini.

Il biennio 2007-2008 è quello della tripletta tricolore con due titoli nel cross country e una nel marathon, preludio di un nuovo tentativo nella categoria Elite, rovinato dalla mononucleosi i cui strascichi si fanno sentire anche nelle stagioni successive. 2011 con poche gare, ma cambia la vita, Karin diventa mamma di Isabella da quel momento le priorità cambiano e il desiderio diventa quello di essere una mamma tricolore che Karin sfiora per due volte. Nel 2016 Karin inizia anche ad inseguire il sogno mondiale, arriva terza a Vermiglio e l’anno dopo quarta all’edizione spagnola di Andorra, chiudendo il 2017 con la vittoria del Gran Prix d’Inverno, idei titoli regionali XC e Marathon e il secondo posto al Campionato Italiano XC.

Nel 2018 arriva in Pavan Free Bike e trova tutto ciò che le serviva: una squadra organizzata al top con cui condividere l’interesse per l’XCO. Le cose non vanno però come dovevano, il suo corpo le presenta una nuova sfida, si ammala di sarcoidosi, una malattia autoimmune che inizia con una forte infiammazione alle articolazioni e che la costringe a fermarsi per curarsi, la situazione migliora, fino al 2019, quando riprende con le gare.

Ciao Karin, carriera lunghissima e non certo tutta in discesa, ci recensisci la stagione 2019?
”Nel 2019 è stato un successo tornare alle gare perché con la sarcoidosi pensavo più ad un addio che ad un arrivederci. Mi sono però accorta che avevo ripreso ad un buon livello, ed ho avuto quasi subito conferme con la maglia di Campionessa Regionale al primo anno tra le W2. Vista la condizione, ho ripreso il sogno tricolore, che è arrivato nella prova a staffetta ed è stata una grandissima emozione: la mia prima esperienza team relay. All’assoluto un secondo posto, bel risultato ma che comunque lascia sempre l’amaro in bocca, poi il titolo europeo, che mai mi sarei aspettata, dopo un viaggio emozionante e spettacolare con Paola in Repubblica Ceca.
Da lì si è iniziato a parlare concretamente del mondiale in Canada, un viaggio emozionante, sensazionale, anche perché vedere il Canada era un mio sogno e l’ho realizzato grazie al team Pavan. Dopo l’europeo non ho saputo “riposare” abbastanza e sono arrivata al mondiale un pò scarica, riuscendo comunque a conquistare l’argento in un podio tutto italiano. Il 2019 è stato davvero un anno speciale e significativo per le esperienze ed emozioni vissute

Classe 1979, di una donna non si dovrebbe dire l’età, ma tu che brilli anche dopo 25 anni nel contesto della mountain bike, come hai fatto a mantenerti così a lungo in uno sport così duro?
”La bici mi regala grandi emozioni, amo la continua sfida con me stessa, amo la mountain bike perché è il mezzo per stare in solitudine in mezzo alla natura e anche perché, pur essendo uno sport di squadra, non resti mai in panchina, quindi sei sempre protagonista in gara, sola con la tua fatica”

Come hai fatto a portare avanti la tua passione, crescendo una figlia?
”Lavorare, fare la mamma ed allenarsi cinque giorni a settimana è dura, ma ho l’appoggio incondizionato e la collaborazione concreta di mio marito Nico che sistema la bici, fa il cuoco e tanto altro che altrimenti dovrei fare io. Ho parlato molto con mia figlia degli obiettivi che voglio raggiungere e di che cosa si deve fare per arrivarci, o nostri dialoghi sono rimasti per lei come un esempio per capire che nella vita ci vuole impegno e piccoli sacrifici per raggiungere degli obiettivi personali. Ci sono giornate in cui la stanchezza si fa sentire, i bambini capiscono e se possono, ti aiutano, sono sicura che imparino anche qualcosa e crescano come persone vedendo gli ostacoli che si superano”

A chi sei grata per l’opportunità di fare ciò che ami di più?
”Sicuramente il primo grazie va a Nico ed Isa, poi si allarga al resto della famiglia che magari tiene Isabella se si prevede una gara con meteo pessimo, al team Pavan che ci supporta in un modo perfetto, noi dobbiamo solo pensare a pedalare, con la serenità di aver sempre Claudio per il cambio ruote o borraccia, ed un pranzo a fine gara grazie a chef Antonio”

Le soddisfazioni più grosse che hai avuto da quando corri in mountain bike?
”Le soddisfazioni più grosse sono state la convocazione in nazionale del 1997, la maglia azzurra è sempre la maglia azzurra, in tempi più recenti il tricolore Team Relay 2019 e il titolo Europeo, infatti durante le premiazioni ho pianto dall’inizio alla fine”

Dove ti vedi nei prossimi anni?
”Sono anni che dico “questo è l’ultimo”, non perché sono stanca, anzi, solo perché vorrei seguire più da vicino Isabella. Il 2018 però è rimasto a metà per malattia, quindi ho ripreso nel 2019, poi ho ancora degli obiettivi da raggiungere, quelli che ho sfiorato nel 2019, per questo avrei corso anche nel 2020.
Diciamo che mi vedo a realizzare gli obiettivi e poi smettere, per passare il testimone a mia figlia e farle trovare una grande passione da portare avanti nella vita”

Potresti condividere con noi il ricordo più imbarazzante che hai nel tuo sport?
”Imbarazzante… Sono terribilmente golosa, sempre attenta a non ingrassare. Negli anni in cui ho vinto i titoli italiani XC, subito dopo andavamo in ferie in Sicilia: lì l’aria è talmente pesante che riuscivo ad ingrassare 6 kg in una settimana… Tornavo alle gare con la maglia tricolore, ma completamente fuori forma, arrivando dietro, ma veramente molto indietro”

Saresti stata sicuramente anche quest’anno tra le top master woman, invece, le corse hanno ora preso una pausa. Come stai affrontando la situazione attuale?
”Avevo grandi aspettative per quest’anno. Mi è un pò’ dispiaciuto per lo stop, ma per me il lockdown ha avuto diversi lati positivi: mi sono riposata e goduta casa e famiglia, stando a casa in smart working. Per quanto riguarda la bici, mi sono concentrata a non cedere di testa perché, se si dovesse riprendere, voglio essere pronta. Il mio preparatore è stato molto bravo dandomi allenamenti veramente divertenti, anche se duri. La cosa che mi ha creato più ansia all’inizio del lockdown è stato non poter stare sola nella natura, ma ho saputo godere di quello che avevo, e ci sono riuscita bene direi”

Renato Cortiana: a sette anni è un biker … a 30 Campione Italiano!

Inizia giovanissimo, abbandona la bicicletta e dopo diversi anni torna nel suo mondo, scoprendo la mountain bike. Dopo la sfortuna del 2018, festeggiare il compiersi dell’impresa, insieme al team sul podio del Campionato Italiano Cross Country a Chies d’Alpago.

Nel 2019 Renato Cortiana ha riportato in Pavan Free Bike la maglia tricolore, un titolo che dato lustro alla carriera. Il Campione Italiano Master 1 in questa intervista non si è fatto perdere l’occasione di ripercorrere alcuni temi che sono i fondamenti dei suoi successi nella mountain bike. Il 30enne di Schio ci dà uno sguardo approfondito su ciò che lo ha iniziato in questo sport e rivela la sua ascesa attraverso i ranghi amatoriali. La ricetta della vittoria è semplice e chiara, allenamenti e sacrificio, accompagnati ad un costante desiderio di crescita sotto il profilo sia tecnico che fisico.

“Sono nato il 30 settembre 1989 a Schio, uno tra i maggiori centri produttivi del Veneto, una città che mi piace molto, non troppo grande ma che offre tanto e soprattutto, sotto le montagne che sono la mia più grande passione e che ho scalato innumerevoli volte, cercando di migliorare in ogni occasione il tempo di ascesa”

E’ sempre stato un ragazzino estremamente vivace Renato Cortiana, uno di quelli che a scuola faticano a mantenere a lungo l’attenzione su uno stesso stimolo e sentono il bisogno di muoversi continuamente, così alla fine, terminate le scuole medie, decise di andare a lavorare. Con quella rapidità del pensiero e del parlare, Renato racconta come è nata in lui la passione per la mountain bike: “Se sono un biker la colpa è di papà. Appassionato di ciclismo da tantissimi anni, ha messo me e i miei fratelli a correre in una squadra di Santorso dove vivevo coi miei genitori, il ciclismo e lo sport fanno parte della mia vita da quando avevo sei anni”

Già al primo anno, Renato vinse il Campionato Regionale e Provinciale sia su strada che gimkana e al secondo, da G2, oltre a riconfermare le quattro maglie dell’ anno prima, vinse a Bibione il Meeting Nazionale di Società per Giovanissimi.

“A quei tempi non mi rendevo conto di niente, correvo perché piaceva ai nostri genitori e per il regalo che mi facevano per ogni vittoria, per questo io volevo arrivare presto al traguardo. Ricordo che mal sopportavo le premiazioni della gara, perché mi facevano perdere tempo e chiudevano i negozi …”

Cosa successe poi alla gara di Santorso?
“La mia società organizzò una gara nel mio paese, mi ricordo ancora quanto tenessi a quella gara, avevo solo sette anni e volevo vincerla perché era l’unica dove erano venuti a vedermi tutti i miei parenti. Invece, pronti via e subito giù la catena, me la rimettono, alzo la testa e il gruppo era già distante, mi hanno spinto per ripartire e la catena riscende ancora, mi ricordo che c’era tantissima gente che mi incitava, sono sceso dalla bicicletta, l’ho lanciata sulla ringhiera delle scuole elementari e sono andato nel verso contrario della gara a piedi per allontanarmi.
Il nostro allenatore, insieme al meccanico e a mio papà si agitavano perchè volevano che ripartissi, ma loro stavano pensando alla gara, non si aspettavano che per me invece era la fine col ciclismo”

Quel giorno hai lasciato la bici, poi …
“Ricordo che in tanti, la mia famiglia per prima e anche il presidente della società, hanno cercato in tutti i modi di farmi cambiare idea senza riuscirci e scelsi di smettere definitivamente … o quasi. La delusione nella gara di casa mi bruciava troppo, non sono più salito su una bicicletta se non per andare a casa degli amici.
Alle medie iniziai con il calcio, mi piaceva. Ero rimasto in contatto con dei miei amici che facevano ciclismo e notavo che facevano sacrifici, a differenza mia che giocavo a pallone. Al sabato sera si andava a far festa e poi la domenica mattina si faceva la partita e vincevi anche se magari tu non eri al 100%, il resto poi lo faceva la squadra. Giocai per qualche anno poi, scelsi definitivamente di divertirmi con gli amici e far tardi la sera, non mi andava più di dovermi svegliare presto la domenica mattina …”

Il primo amore non si scorda mai, vero … che cosa ti ha riportato in sella?
“In compagnia qualcuno tirò fuori una bici super ammortizzata che sembrava una moto, la provai e mi innamorai subito. Ne presi una anche io e la domenica mattina iniziammo a fare delle uscite in mezzo ai boschi, mi innamorai della natura e della montagna. Poi un giorno un mio amico mi disse di provare a fare una gara benefica di mountain bike e la trovai tanti amici che non vedevo dai tempi di ciclismo. Tra una battuta e l’altra venne fuori l’idea di iscrivermi ad un gruppo della zona e provare a vedere come andava, iniziai a fare qualche gara e mi divertivo un sacco, era ritornata la vecchia passione”

Riprovaci Renato ….
”Mi ero ripromesso soltanto di divertirmi e dare sfogo a una passione che non si era mai spenta, essere primo non era il mio obiettivo, ma perché non riprovarci? Iniziai a fare allenamenti mirati e non solo uscite per divertimento e in gara vidi la differenza, arrivarono le prime vittorie e con loro quelle emozioni che non ricordavo più, erano passati 20 anni dalle prime. Gli obiettivi si fecero sempre più alti, all’inizio volevo vincere una gara, poi il campionato, poi una maglia da tenermi casa, infine cercare il confronto con i piu forti e a misurarmi su gare dove ci fossero tutti. qui capii che c’era ancora tanto da fare per arrivarci”

Ricordiamo la tue prime vittorie a Pergine Valsugana e agli Internazionali d’Italia del Montello 2014 è qui che hai cambiato passo?
“Ogni anno miglioravo, tanto allenamento e duro lavoro, ma mai da riuscire a battere i più forti. Dopo queste vittorie invece decisi di focalizzarmi per l’intera stagione su gare di alto livello, consapevole che le vittorie potessero essere meno ma più bello. Come chiunque, quando le cose vanno bene si alza l’asticella, iniziai ad ambire ad una maglia che tutti vogliono, quella tricolore che porti per un anno intero”

Dopo diversi anni con società venete, hai deciso di approdare in Pavan Free Bike, questo faceva parte del tuo piano?
“Nel 2016 ho capito che servivano dei nuovi stimoli per la mia motivazione e durante la stagione mi guardai bene intorno, capendo che la società che più mi attirava era una squadra dalla Brianza, Pavan Free Bike, mi sono affidato alle mie sensazioni e direi che è andata bene. Iniziai la stagione 2017 con il botto vincendo da subito alla prima gara, portando alla squadra la maglia del Gran Prix d’Inverno. La stagione fu fantastica, vinsi praticamente tutte le gare a cui partecipai e insieme a Boffelli, Vaira e Paola Bonacina vincemmo il tricolore Team Relay a cui il team teneva molto. Nonostante la stagione stupenda, quell’anno la maglia tricolore individuale mi sfuggì, arrivai terzo, ma quello che era il mio primo podio al tricolore per me fu vissuto come un risultato qualsiasi”

Un altro buon anno il 2018, ma la nel momento decisivo, la fortuna gira le spalle ….
“In realtà dal giorno dopo dei Campionati Italiani 2017, i miei allenamenti si sono già concentrati per il 2018 ma nel momento migliore di forma, un mese prima della gara, sono finito sotto un auto, sogno infranto, arrivederci al 2019”

Lo scorso anno l’emozione di vincere un titolo italiano. Finalmente.
“Il 2019 per me è stato un anno particolare sia per la mia vita privata che quella sportiva. Ad inizio anno io e la mia ragazza abbiamo iniziato la convivenza e per ovvi motivi la mia stagione è partita più piano rispetto al solito, ma nell’appuntamento principale mi sono fatto trovare pronto, sia mentalmente che fisicamente. Nel week end tricolore di Chies d’Alpago il venerdì abbiamo festeggiato il nostro secondo tricolore Team Relay e la domenica è arrivato il mio titolo tricolore individuale, la ciliegina sulla torta di una carriera sportiva in costante ascesa”

Bene, abbiamo parlato di passato e presente, parliamo del futuro di Renato .…
“Devo dire in questi anni di ciclismo mi sono tolto tante soddisfazioni, facendo le cose per gradi, magari facendo anche un passo indietro quando le cose non andavano come volevo. Sono felice anche di aver contribuito al prestigio della squadra che cercava i miei stessi risultati, qui ho trovato veramente tutto quello che qualsiasi atleta spera di trovare.
Per quanta riguarda il futuro devo dire che il mio sogno è che presto torni la normalità e che tutto il paese possa riassaporare il profumo della libertà e di trovarsi tutti insieme per una pedalata e magari un bel piatto di pasta tra una risata e l’altra”

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